Sarà la crisi, sarà la manovra fase uno, oppure la misteriosa fase due, sarà quel che sarà, ma segnali da più parti farebbero pensare che la gente abbia ben poca voglia di ridere. Di conseguenza, leggere romanzi comici e divertenti potrebbe rischiare di diventare un passatempo fuori luogo e totalmente inadeguato al clima di austerity che sta calando inesorabilmente su di noi.
Certamente per apprezzare appieno il “comico” che c’è in un testo si deve essere bendisposti emotivamente. E’ certo che un particolare stato d’animo negativo o una recente esperienza dolorosa possono impedire il pieno godimento di un testo umoristico, o addirittura far desistere dall’acquisto di un romanzo descritto come divertente.
Ad un’analisi più attenta (e ovviamente sarebbero in malafede tutti quelli che hanno dato la colpa alla Manovra) parrebbe che il motivo sia un altro: alla gente piace piangere. Non ci sarebbe niente che faccia sentire bene come leggere storie drammatiche e strappa lacrime, in cui il/la protagonista deve temprare il carattere nella sofferenza e nel dolore. La spiegazione potrebbe ritrovarsi nel vecchio detto “mal comune mezzo gaudio”; oppure si potrebbe scovare la causa nel “sollievo” che si prova leggendo storie drammatiche, le quali ci farebbero considerare con un sospiro di sollievo: “meno male che è capitato a lui e non a me”.
Ma la ragione potrebbe essere un’altra: se entri in una libreria (poniamo una Feltrinelli) e vuoi comprarti un libro divertente, rischi d’impazzire alla ricerca del settore dedicato a questo genere nobilissimo.
Perché? Perché solitamente il settore Umorismo si trova in fondo, molto in fondo, tra i libri per bambini e i testi erotici.
Il solito malpensante potrebbe sospettare che anche questo rientri nella Manovra Monti. E’ inammissibile, infatti, aver voglia di ridere in un momento drammatico come questo, in cui ci sarebbero decisamente ben pochi motivi per farlo. E, dunque, la location degna di una caccia al tesoro servirebbe da dissuasore. Infatti, se anche dovesse entrare un lettore, ma di quelli tosti, che è disposto a tutto pur di acquistare un romanzo umoristico, si è fatto in modo che costui sia lasciato smarrirsi nel labirinto di corsie, tra la Fantascienza, il Thriller e l’Horror, tra i testi d’informatica e le ricette di Benedetta Parodi, destinato – ahimè – a non giungere mai lì, in quello spazietto esiguo dedicato all’Umorismo, tra La storia dei tre porcellini (Bambini) e La storia dei porcelloni (Erotismo).
Ma chi ha disposto la sezione Umorismo in un punto quasi introvabile (dedicandogli un banco grande come una tovaglietta da tè) è davvero pagato dal Ministero delle Finanze o c’è una ragione più profonda?
E ancora. Sarà vero che siamo destinati al dramma, a piangere sulla nostra sorte e a compiacerci solo di storie drammatiche e funerarie? Ovviamente senza dimenticare le storie di vampiri, che – a pensarci bene – un po’ fanno ridere, e i malloppi Fantasy da 800 pagine (accidenti a Peter Jackson che con la sua trilogia ha convinto un milione di scrittori di poter essere come Tolkien).
Comunque, sarò un’illusa ma sono ottimista. Credo fermamente che ci sia ancora spazio per questo genere, a volte sottovalutato, di certo bistrattato (e non so se offendermi di più per averlo trovato vicino all’Erotismo o vicino ai libri per ragazzi), anche se (e lo dico con un certo rammarico) avrei piacere di vedere sugli scafali non solo (ex) attori di Zelig ma anche Veri Scrittori.
Maria Letizia Musu