“China Mieville scrive regolarmente sul Guardian, e in Italia sarebbe impensabile. Terry Pratchett è stato nominato “sir”, e Neil Gaiman è una gloria nazionale. Però parliamo di autori del calibro di Pratchett, Gaiman, Mieville. […] In Italia c’è un fantastico la cui qualità è all’altezza di quello anglosassone? Questione di gusti, ma la mia risposta è (con le dovute eccezioni): neanche per sogno.” [Da un’intervista a Francesco Dimitri per “Players Megazine”]
Attualmente in Italia il fantasy non è considerato “cultura”. La maggioranza degli editori guarda a questo genere con disgusto e lo considera solo per i profitti, la maggioranza della popolazione lo considera un genere esclusivamente d’evasione e per ragazzi, la maggioranza degli scrittori lo considera un genere facile da scrivere. Ma hanno ragione? Decisamente no! Innanzi tutto, fermo restando che nella pura evasione non c’è nulla di male, il fantasy non solo questo, ma anzi ha un enorme potere allegorico che permette di trattare tematiche socio-politiche e filosofiche in modo molto efficace ed elegante; proprio per questo motivo, ma anche per le scene più crude, non tutti romanzi fantasy possono essere specificatamente diretti a un pubblico molto giovane. Va inoltre sottolineata l’assurdità dell’affermazione secondo cui il fantasy sarebbe facile da scrivere: è uno dei generi più complessi e difficili! Infatti ci vuole molta precisione tecnica per riuscire a far immergere il lettore in una storia così apparentemente distante dalla realtà, per riuscire a fargli credere a tutto ciò che viene narrato. Il fantasy richiede anche grandi capacità d’immaginazione, specie in un momento in cui molti sottogeneri si sono saturati ed essere originali diventa sempre più difficile. A tal proposito, qualcuno spieghi alla gente che il fantasy non è solo medioevo, elfi e signore dal male: questo è il fantasy classico, che è costituito da 3/4 sottogeneri su quasi 40! Il 10%, in pratica. Tutto il resto viaggia su binari molto diversi, talvolta opposti.
“La letteratura di evasione è sempre esistita, i soldati romani sul vallo di Adriano portavano da leggere le favole, non l’Eneide. Ma la letteratura di genere – che pur ha ragione di esistere – non è letteratura alta ma è una letteratura minore perché non sposta le persone.”: queste sono le parole arroganti e fasulle di Antonio Pennacchi, premio Strega 2010 e recente vincitore del “Premio Ignoranza 2012”. Quest’ultimo premio è molto significativo in quanto è stato dedicato a tutti quei romanzi di genere che non hanno spostato le persone: “1984”, “La Fattoria degli Animali”, “Il Treno degli Dei” (che parla di razzismo, anti-capitalismo, assimilazione culturale, omosessualità e diritti dei lavoratori), “Queste Oscure Materie” (che tratta il fondamentalismo religioso, il rapporto tra religione e potere, la non-esistenza di Dio), “La Figlia del Drago di Ferro” (che parla di misantropia e nichilismo con riferimenti a Schopenhauer e Nietzsche), “Fahrenheit 451”, “Il Visconte Dimezzato”, “La Torre Nera”. Da notare, tra l’altro, che sono tutti romanzi appartenenti alla letteratura fantastica.
La cosa ridicola è che, volendo essere oggettivi, dovrebbe essere la letteratura fantastica quella “alta”. In fondo il più grande capolavoro della letteratura mondiale, la “Commedia” dantesca, non è forse letteratura fantastica? E “Il Ritratto di Dorian Gray”? E l’epica antica e medievale? E le grandi tradizioni mitologiche? Eppure di fronte a tutto ciò l’élite culturale italiana chiude gli occhi, si tappa le orecchie e inizia a urlare un maturo e per nulla infantile “lalalalala non ti sento! Io ho ragione e tu hai torto!”. La verità è che costoro hanno paura della narrativa di genere e in particolar modo del fantasy in quanto un potere allegorico così grande e subliminale è difficile da controllare e censurare. L’immaginazione e la fantasia aprono le menti e le preparano ad accogliere grandi e importanti messaggi in modo divertente, interessante, leggero e insieme consapevole e maturo; il tutto raccontando una storia di (apparente) evasione. Questo all’estero è già stato capito e assimilato: la letteratura fantastica viene trattata con rispetto e i suoi autori compongono l’élite intellettuale. L’Italia, storicamente retrograda, è rimasta indietro, ferma alle idee del primo Croce. Purtroppo il clima culturale di disgusto verso il fantasy si sta riversando anche sugli aspiranti autori, che si limitano a ripetere i soliti banalissimi cliché in romanzi scritti con le unghie lerce dei piedi (“tanto è fantasy!”). Ecco perché l’Italia non riesce più a competere con la narrativa internazionale! Ma dai, accontentiamoci: noi abbiamo la “Letteratura Alta™” che tutti adorano e leggono! Già si odono le grida di giubilo per l’uscita del prossimo libro del caro Pennacchi, che sono sicuro sarà scritto davvero bene e con grande precisione tecnico-stilistica. Ne sono sicuri anche molti comici, che infatti sono pronti a giurare su Babbo Natale. Ah, no, scusate: Babbo Natale non esiste. Peccato.
La verità è che ora siamo pecore, non pastori: ci limitiamo a seguire le mode venute dall’estero perché siamo troppo codardi per puntare all’originalità e perché l’élite culturale relega il fantasy a mero fenomeno commerciale senza spessore. Ci vorrebbe un fulmine a ciel sereno, il classico ceffone che fa tornare il senno. Parlo di un romanzo fantasy scritto bene, originale e personale, con degli elementi in grado di renderlo vendibile e commerciale, e pure con degli spunti culturalmente elevati e socialmente impegnati. Questo mix perfetto, però, ancora non si vede all’orizzonte. Si spera che arrivi presto perché l’attuale élite sta portando l’ambiente culturale italiano ai suoi minimi storici, e persino la “rivoluzione ebook” potrebbe rivelarsi insufficiente. A tal proposito, i prezzi folli degli ebook italiani sono solo un altro segno della paura dei grandi editori nei confronti del progresso e delle novità. Ma quest’ultimo argomento lo affronteremo un’altra volta.
Michele Greco
Splendido secondo articolo che ho trovato su questa rivista.
Che dire? Al momento tra i miei progetti di scrittura c’è proprio una storia del fantasy, e mi sto rendendo conto della complessità che c’è dietro a questo mondo, come rimandi culturali e metafore sociali, in fondo si parte dal Omero e dalle fiabe. Il disprezzo per la letteratura di genere in Italia è sovrano, purtroppo c’è ancora l’idea che certe cose siano mero divertimento e non degne di studio. Stesso discorso con i fumetti.
Grazie!
Purtroppo è un lascito delle idee del primo Croce, che però lui stesso abiurò successivamente. Ed è per questo che l’Italia è così indietro nel campo della Narrativa di genere, ed è per questo che sforniamo romanzi indecenti che nessuno sa come, quando e perché criticare o elogiare (le tecniche narrative riguardano la Narrativa, non la Literary Fiction). E mentre noi rimaniamo indietro, il mondo va avanti. Inoltre, se da un lato è sciocco disprezzare la narrativa d’evasione o d’intrattenimento (che hanno un loro valore artistico), dall’altro bisogna essere ciechi per non capire le potenzialità allegoriche (e quindi di denuncia socio-politica e impegno filosofico) della Narrativa Fantastica. E bisogna essere sciocchi anche per non capire che l’essere “obliqui” e quasi subliminali ha, se supportato da uno stile trasparente, effetti retorici ben più persuasivi e devastanti dell’essere espliciti o comunque diretti (cosa che, tra l’altro, spesso porta alla banalità e/o alla noia).
Spero di non essere stato tedioso con le mie risposte.
In bocca al lupo per i tuoi progetti di scrittura che, mi auspico, potremo leggere presto. Ciao!
Vorrei aggiungere un’altra cosa: c’è anche un pregiudizio da parte dei lettori di fantascienza verso il fantasy, che viene considerato, a torto, un genere fascista. Lo so perché sono reduce da un’esperienza fallimentare di aver cercato di convincere ad introdurre una sezione sul fantasy in un museo che si doveva occupare di fantastico e in realtà segue solo la fantascienza (molto vetero, tra l’altro), per cui ho fatto i conti con queste chiusure di mentalità.
Affermare che il Fantasy sia un genere fascista è stupido.
Come può un intero genere, tra l’altro ricco di sottogeneri diversissimi tra loro, avere un colore politico? Fantasy = elementi fantastici non spiegati in modo scientifico o psedo tale. Gli elementi politici possono esserci come non esserci, ma dipende da romanzo a romanzo; anche andando a guardare i singoli sottogeneri è difficile trovare un humus politico comune. Tentare di dare un colore politico a un genere è sciocco, tant’è che esistono anche romanzi sci-fi di destra e romanzi fantasy di sinistra. Se poi si guarda agli autori, in realtà il fantasy è un genere pieno zeppo di scrittori di sinistra e pure politicamente impegnati (Miéville, Pullman, Evangelisti…).
Inoltre, la narrativa (tutta, non solo quella fantastica) in primis racconta una storia e cerca di immergerci il lettore come in una sorta di realtà virtuale. Le eventuali tematiche socio-politiche, filosofiche, psicologiche o religiose sono (o dovrebbero essere) una naturale conseguenza della trama, nulla di più e nulla di meno. Non è l’autore a portarci a certe riflessioni, ma la storia e, soprattutto, il filtro del personaggio-pov. Se poi questo filtro è molto profondo, il personaggio-pov può andare oltre il semplice “invogliare a riflettere” per arrivare al “persuadere il lettore convincendolo di determinate cose”. Questo è legato alla moralità in narrativa: convincere il lettore che una cosa sia giusta per poi sbattergli in faccia le conseguenze. In fondo la narrativa non è altro che la più raffinata tecnica retorica, ma non bisogna dimenticarsi che esiste anche la narrativa di puro intrattenimento e che questa ha una sua dignità artistica (la Bizarro fiction in primis). Tra l’altro gestire le tematiche socio-politiche e filosofiche è molto difficile in quanto, se non si ha una buona preparazione tecnica, si rischia di perdersi in infodump e in intromissioni di un narratore che sale in cattedra e vuole insegnare qualcosa. Nulla di più sbagliato e fastidioso! Il romanzo deve limitarsi a mostrare determinati dettagli scelti dal narratore implicito basandosi sul filtro del POV, poi sarà il lettore a rifletterci su e a farsi una sua personale idea (magari influenzata da quella del personaggio-pov, se espressa in modo molto naturale per tempi e modi e se si è creato un legame empatico tra lui e il lettore).
La narrativa contemporanea si avvale del narratore implicito, non di quello esplicito, quindi è il filtro del POV a dare un’eventuale direzione politica alla storia. È vero che è l’autore a scegliere il personaggio-pov, il tema e la premise, ma è anche vero che queste possono non corrispondere al pensiero dell’autore reale; infatti, il potere retorico della narrativa sta proprio nell’immergere il lettore nella testa di qualcun altro, nel fargli vedere la realtà del romanzo attraverso un filtro specifico.
Anton Čechov fu accusato sia di essere comunista sia di essere fascista, ma in realtà lui non era nessuna delle due cose, semmai i suoi personaggi lo erano. E chi dice che i suoi personaggi debbano per forza corrispondere al suo pensiero? Orson S. Card è notoriamente omofobo, ma questo in “Ender’s Game” non si nota, per fortuna. L’autrice di “Twilight” si era posta come obiettivo retorico il far fare sesso alle sue lettrici solo dopo il matrimonio. Ha fallito, sì, ma stavolta il romanzo è in linea col pensiero dell’autore. Stavolta, ma chi dice che debba esserlo sempre? La Critica Nuova anglosassone si è interrogata su tutto ciò e ha iniziato a valutare i singoli romanzi, indipendentemente dall’autore. E in fondo i romanzi dovrebbero parlare da soli di se stessi, non ci dovrebbe essere bisogno di tirare in mezzo anche gli autori. È lo stesso principio per cui un attore che interpreta un serial killer non deve necessariamente esserlo a sua volta. Perché il fantasy dovrebbe essere un’eccezione? Perché i romanzi fantasy dovrebbero avere tutti lo stesso colore politico? Non c’è nulla di logico o razionale in ciò, si tratta solo di idee basate su ignoranza e luoghi comuni. Magari chi ha sputato certe sentenze non è andato oltre a “Il Signore degli Anelli”, che comunque non è esattamente fascista.