- Titolo: La sfida di Chanur, La vendetta di Chanur, Il ritorno di Chanur
- Autore: C. J. Cherryh
- Sottogeneri: Space Opera
- Casa Editrice: Editrice Nord
- Pagine: 852
- Anno: US 1984/85/86 – ITA 1993/93/94
- Formato: Cartaceo
Trama:
Due anni dopo, Pyanfar Chanur torna alla stazione Punto d’Incontro con l’Orgoglio e vi ritrova Dentidoro e Tully; Dentidoro convince Pyanfar a prendere Tully con sé e portarlo nello spazio mahe, poiché i kif gli stanno dando la caccia. I mahendo’sat hanno portato Tully dallo spazio umano e si stanno preparando ad accogliere una flotta umana per iniziare il commercio con loro. Ma i kif e gli stsho si oppongono a ogni presenza umana all’interno del Patto per timore di perdere la loro posizione e influenza. Inoltre tra i kif si è sviluppata una lotta di potere tra due hakkikt, Akkhtimakt e Sikkukkut, che ambiscono entrambi alla posizione di mekt-hakkikt. Sikkukkut trascina la riluttante Pyanfar nella lotta, e i rapporti che essa è costretta a intrattenere con i kif la pongono in contrasto con l’han, rappresentato dalla nave Vigilanza del clan Ehrran. Il conflitto tra i kif raggiunge lo spazio hani e minaccia Anuurn, mettendo a rischio la specie stessa, ma Dentidoro e la flotta umana giungono nel sistema e entrambi gli hakkikt sono sconfitti. Una piccola delegazione di navi del Patto parte con le navi umane per esplorare le possibilità di commercio. Pyanfar offre a Tully la possibilità di tornare tra gli umani, ma egli preferisce continuare a far parte dell’equipaggio dell’Orgoglio.
Recensione:
L’inizio della cosiddetta trilogia di Chanur assomiglia moltissimo al principio del ciclo: di nuovo vediamo Punto d’Incontro, di nuovo il clan Chanur è alla fonda con la merce pronta da smerciare. Al contrario di quanto il lettore si era immaginato dal precedente finale, alle hani protagoniste gli ultimi anni non sono andati nel modo sperato: lontane dal centro del Patto e perse tutte le alleanze i Chanur sono comunque in pista, ma la scelta di Pyanfar nel portare nello spazio suo marito Khym (il detronizzato signore del clan Mahn), rende ancora più aspri i rapporti con le funzionarie dell’han. Con questo evento Cherryh mette un punto fermo alla questione dei maschi hani, segnando una svolta nella stessa società che all’inizio del primo volume denigra la presenza nello spazio di un maschio. Quasi a voler invertire la tendenza femminista del racconto, la Cherryh si spinge più oltre, dimostrando che effettivamente la credenza che i maschi hani siano inadatti allo spazio è un pregiudizio infondato. L’entrata in scena di Tully (portato da Dentidoro), segna l’inizio di quella che si rivelerà essere una macchinazione tra le più intricate viste nella fantascienza. Alla trilogia si deve poi il compito più difficile: spiegare i kif.
Se infatti nel primo volume del ciclo i kif sono sempre stati visti come i cattivi criminali senza il benché minimo scrupolo, nella trilogia il nemico che insegue l’Orgoglio lasciando devastazione dietro di se, cambia. L’attenzione del lettore è portata non più sulle manovre dei kif e sulla presunta spietatezza, ma sulle maniere e sulla cultura di una razza per forza diversa dagli hani. Incomprensibile ai clan dell’han, tanto da non credere che il mekt-hakkikt sia pronto a distruggere il pianeta natale degli hani se non riuscisse a ottenere ciò che vuole. Cherryh però non mostra solo questo: la società dei kif è in qualche modo risoluta e dinamica, pronta a schierarsi con chi possiede più sfik (reputazione), ossessionati dal perdere o guadagnare posizioni in una scala gerarchica che le hani comprendono appena. Persino lo spietato Sikkukkut viene visto infine come un neutrale, capace di comprendere le necessità di quelli che lo seguono, anche senza rinunciare mai alla sua ambizione di riunire sotto di se tutti i propri simili.
Sempre nella trilogia vediamo le manovre di un han decisamente più aggressivo e pronto a complottare contro la sua stessa razza per strappare un improbabile accordo con gli stsho, dando alito a incertezze e tradendo di fatto la sempre più stretta collaborazione tra le capitane hani riunitesi sotto il vessillo dei Chanur. Il clan Ehrran, benché per un certo tempo virtualmente alleato, riesce a farsi detestare fin da subito e Cherryh architetta magistralmente una mescolanza di superbia e ambizione che spinge inevitabilmente a chiedersi per le svariate centinaia di pagine in cui si sviluppa la storia, se davvero l’han sia corrotto a tal punto da non voler cedere al buon senso, ripiegando su una vendetta fin troppo poco importante e provinciale, rispetto alle beghe politiche che inseguono Pyanfar e i suoi alleati.
I lunghissimi (a volte) dialoghi che coinvolgono i protagonisti, sono invece la punta di diamante dell’intera narrazione, in cui vengono messi a dura prova i comportamenti delle varie razze al servizio di Sikkukkut, la Cherryh riesce a dare alle parti una spiccata voglia di adattarsi all’evento in corso, rinnegando a volte la natura stessa di quello che si è, pur di non fare il passo falso agli occhi dei kif. Passo falso che farebbe precipitare il perfetto equilibrio tra menzogna e mezze verità che aleggia, sia sulla Harukk che tra le capitane hani impegnate nello scontro su Anuurn.
Purtroppo questa trilogia non è esente da qualche piccola debolezza: la prima parte affronta un preambolo decisamente poco convincente, lo stesso menestrello si è trovato in leggera difficoltà leggendo le pagine de La sfida di Chanur, in cui Tully rimane poco più che l’ombra iniziale di quello che era stato in passato. Persino passando alla lettura de Il ritorno, l’umano non imparerà a esprimersi con frasi articolate. La massiccia presenza di Khym rimane per tutta la prima parte un’incognita: più personaggio di troppo che spalla, anche se la Cherryh corre ai ripari in seguito, dandogli un ruolo da comprimario. Se l’itinerario diverso fa pensare a sistemi diversi e all’immensità dello spazio del Patto, guardando la mappa (presente nei tre volumi) ci si rende conto della relativa provincialità della guerra tra i due hakkikt che non arriva mai a toccare il cuore dello spazio kif, ma anzi rimane all’esterno.
Al netto delle sbavature il menestrello mette questa trilogia nei primi posti della moderna space opera: l’infinità di termini gergali utilizzati da tutte le razze del Patto e la precisione chirurgica con cui la Cherryh porta il lettore all’ultima pagina passando da intrigo a intrigo la qualifica come tale.
L’autrice:
C. J. Cherryh (pseudonimo di Carolyn Janice Cherry) è nata nel 1942 a St. Louis ed è cresciuta a Lawton in Oklahoma. Ha iniziato a scrivere all’età di 10 anni per la frustrazione derivante dalla cancellazione del suo programma televisivo preferito, Flash Gordon. Nel 1964 si è laureata in lettere antiche all’università dell’Oklahoma (Phi Beta Kappa), specializzandosi in archeologia, mitologia e storia dell’ingegneria. Dopo l’università ha insegnato latino, lettere e storia antiche nelle scuole di Oklahoma City.
Durante questi quarant’anni ha prodotto oltre 60 romanzi, compresi Cyteen e La lega dei mondi ribelli (Downbelow Station) appartenenti al ciclo della Lega e della Confederazione e vincitori del premio Hugo. Il suo vero cognome è Cherry ma le è stato cambiato dal suo primo editore. L’utilizzo delle iniziali aveva invece lo scopo di nascondere il fatto che fosse una donna. Ha iniziato a scrivere nel suo tempo libero, inizialmente con scarso successo.
La svolta avviene nel 1975 quando finalmente riesce a vendere le sue prime opere. Nel 1977 le viene assegnato il Premio John Wood Campbell per il miglior nuovo scrittore, mentre nel 1979 vince con Cassandra il Premio Hugo per il miglior racconto breve, lasciando l’insegnamento per diventare una scrittrice a tempo pieno. La NASA le ha dedicato un asteroide (77185 Cherryh).
Davide Zampatori
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