La domanda che un po’ tutti si sono posti in questi giorni è la seguente: “Cosa mai potrà contenere un film riguardo ad un supereroe per meritare 16 candidature ai David di Donatello?”
Lo stesso scetticismo, lo dico con sincerità, che avevo anche io la sera in cui sono andata a vederlo di persona al cinema. Le recensioni erano davvero entusiaste, ma questo genere di film stile Marvel e DC. di solito non mi appartengono.
Devo dire, invece, che mi ha piacevolmente colpito, tanto da farmi uscire esaltata dalla sala come non mi accadeva da anni. Non è solo la regia di Mainetti, la fotografia, gli effetti speciali, che quasi non lo fanno sembrare un film italiano. Non è solo il cast eccezionale con attori come Claudio Santamaria, Luca Marinelli è una inaspettata e bravissima Ilenia Pastorelli. E’ qualcosa di più. E’ il messaggio, o quello che almeno io ho recepito, della sceneggiatura del film.
L’inizio sembra quello di tanti film sui super eroi. Il protagonista, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), in una Roma prostrata da alcuni attentati secondo i media da attribuirsi a movimenti estremisti, cade nel Tevere, mentre scappa da alcuni poliziotti dopo aver rubato un orologio.
Invece di morire intossicato dalle acque, entrando in contatto con delle sostanze radioattive, ne esce con dei superpoteri, ma lui non se ne accorge subito.
Inizialmente, come qualsiasi essere umano fatto di debolezze e necessità, sfrutta i suoi poteri per tornaconto personale, derubare un bancomat e godersi la refurtiva in solitaria, data la sua natura schiva e diffidente.
Ma la sua strada – con le nuove possibilità che i suoi poteri gli offrono – si incrocerà con quella di Fabio Cannizzaro (un Luca Marinelli gigantesco), capo di una piccola banda di criminali di periferia, pieno di aspirazioni, ego e disposto a tutto per “fare il botto”, e con quella di Alessia (Ilenia Pastorelli), ossessionata da Jeeg Robot al punto da vedere il mondo attraverso il filtro dei sui colori pastello e di tutta la sua mitologia, usata come rappresentazione e modello della realtà che la circonda. Sarà proprio Alessia la chiave di volta della evoluzione di Enzo, battezzandolo come Hiroshi Shiba e protettore del genere umano quando arriverà il “giorno delle tenebre”.
Ora non vi dirò come andrà a finire, vi consiglio di vederlo al cinema. L’evoluzione dei personaggi, elemento non scontato nei cinecomics americani, è qui elemento portante delle storie dei tre protagonisti, e della trama stessa.
Già dal principio, però, ci sono degli elementi che ci allontanano dalle trame solite di questo genere di film. Il nostro protagonista non è il tipico buono. È un emarginato, che sopravvive con piccoli espedienti. Infatti non utilizzerà da subito i suoi poteri per un bene superiore, ma per ottimizzare i suoi guadagni.
E anche in questo utilizzo, non penserà davvero in grande, ma solo per quelle che sono le sue possiamo dire passioni particolari.
Ed è questa secondo me la vera poesia del film.
Ad un’analisi più profonda parla degli emarginati dei nostri giorni. Tor Bella Monaca a fare da sfondo, descrive un malessere sociale che sicuramente appartiene alla periferia, ma che purtroppo un po’ appartiene a tutti noi.
I nostri protagonisti sono degli emarginati che non riescono a pensare o a vedere la loro vita oltre l’ombra dei palazzi del quartiere. L’unico ad avere un sentimento di riscatto è il personaggio dello Zingaro, che però lo cerca nel modo sbagliato ed effimero. La sua frase: “Io voglio lascia’ il segno. Me so stancato de rimane’ inchiodato qui. Crocifisso al muro.”. Lui vuole essere ricordato, vuole avere una svolta. Ma non ha delle doti specifiche, ha solo assaporato la fama per un piccolo periodo ed ora è tornato nell’anonimato, e non ci sta. Pur consapevole di non avere dei meriti o delle doti particolari. E non è forse questo un ritratto attento della nostra società?
Orde di persone che ricercano la fama, senza impegnarsi in nulla, senza studiare, senza meritarselo. Ne abbiamo i giornali e la televisione, per non dire la politica, piena di questi personaggi.
La solitudine, la diffidenza, la violenza, il non avere dei veri amici, la mistificazione della realtà da parte dei media la fanno da padroni durante quasi tutto lo svolgersi del film.
E non è forse quello che accade a noi nella nostra quotidianità? Allora la soluzione a questo decadimento sociale quale è?
Il film ce la suggerisce con le parole di Alessia, che spronano Enzo ad utilizzare i suoi poteri per aiutare il prossimo, perché è bello, appagante, poter dare una mano senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio.
Proprio queste parole faranno aprire gli occhi al protagonista e lo faranno trasformare in un vero supereroe, uno di quelli disposto a sacrificare se stesso per salvare l’umanità, senza nessun tornaconto.
Perché fare del bene e aiutare le persone ti riempie il cuore e ti fa stare poi bene anche con te stesso.
No, dunque, all’individualismo e all’egoismo imperante. Basterebbe per salvarci da questo periodo storico veramente deprimente pensare anche agli altri e non solo a se stessi e piano piano tutti staremmo meglio.
Mi sembra, quindi, che questi messaggi positivi e istruttivi, ovviamente correlati da un cast è una regia davvero superbi meritino con tutto il cuore tutti premi per cui sono stati candidati. Perché il buon cinema italiano esiste ancora e va per questo salvaguardato.
Chiara Iovino