Certe domande sono inevitabili. Puoi girarci intorno per un po’, puoi prendere tempo, ma alla fine devi rispondere per forza. E allora tanto vale farsela da subito, questa benedetta domanda.
La seconda stagione di Gomorra – La Serie è al livello della prima?
No. Però è bella lo stesso.
Non è all’altezza della prima perché non ha la stessa tensione, non è la stessa corsa folle verso il vuoto, il dolore, la morte. Ci sono episodi lenti, alcuni si trascinano quasi. Non è bella come la prima perché alcuni personaggi interessanti sono stati sacrificati troppo presto. Su tutti, Salvatore Conte, ucciso proprio quando stava iniziando a mostrare un lato di sé inaspettato e intrigante.
Non è bella come la prima perché a volte si ha la sensazione che il brodo sia stato allungato solo per gettare le basi della terza stagione. Perché si ha l’impressione che all’urgenza del racconto sia stato anteposto il bisogno del business, la volontà di sfruttare la gallina dalle uova d’oro.
Ma se tutti questi elementi vanno a gravare sul bilancio complessivo della serie, è altrettanto vero che non mancano episodi esaltanti. Il terzo, per esempio, raggiunge vette altissime. Il decimo è un trionfo di adrenalina e azione. Il dodicesimo è denso e crudele come pochi, e ci regala un finale decisamente migliore di quello della prima stagione.
Gomorra 2 è più definitiva, più netta. Porta tutto alle estreme conseguenze; le contraddizioni, i nodi, le ambizioni dei personaggi esplodono, generando vortici e fiammate capaci di toccare tutti, ma proprio tutti. Le guerre tra Ciro e Conte, Ciro e Pietro, Genny e Pietro arrivano a una conclusione definitiva. E questo è un bene. Ho temuto più volte che potessero rimandare alla terza stagione l’esito di questi scontri. Sarebbe stato troppo.
Gomorra 2 è cruda e dolorosa. In definitiva, è la storia di un padre e di un figlio che provano a estromettersi a vicenda, è la storia di un uomo paranoico, rabbioso e solo, padre di un uomo crudele, disumano e solo, entrambi nemici di un uomo ambizioso, tormentato e altrettanto solo.
Una storia tragica, hobbesiana, dove l’uomo prevarica, la donna calcola e l’infanzia viene spezzata.
Le morti di Salvatore Conte prima e di Pietro Savastano poi hanno lasciato un grande vuoto. La terza stagione dovrà prevedere, per forza di cose, l’aggiunta di nuovi personaggi fondamentali per la storia.Potrebbe essere un nuovo, ottimo inizio oppure l’affossamento definitivo di quanto è stato fatto di buono durante la prime due stagioni.
La morte di Conte è stata un’errore perché avremmo voluto sapere di più del lato nascosto di quell’uomo apparentemente padrone di sé, di quell’asceta del crimine così sensibile ai richiami della carne. Ma soprattutto, la sopravvivenza di Conte avrebbe garantito la presenza di due grandi personaggi – e due ottimi attore – nella terza stagione.
Invece resta solo Gennaro, fu Genny il bamboccio, fu Genny la furia. Adesso è Gennaro, l’uomo di ghiaccio, il calcolatore, il cinico. Marito, padre, boss. Ormai uomo, innegabilmente.
L’evoluzione di questo personaggio è stata uno degli aspetti più interessanti della seconda stagione. Altro grande punto a favore, la presenza di Patrizia, personaggio riuscitissimo e affascinante, donna intelligente, affidabile, scaltra, immersa pian piano nel mondo della Camorra ma ancora capace di conservare una sua umanità.
E se anche Ciro Di Marzio ha avuto una sua evoluzione, divenendo via via più fragile, dolente e stanco, Pietro Savastano è rimasto un po’ troppo fermo. Il personaggio non è cambiato, non è cresciuto, è rimasto un prevaricatore, un violento e un egoista. Ed è stato giusto farlo morire alla fine della stagione.
Non ci resta che aspettare la terza stagione, nella speranza di non dover aspettare altri due anni. Ma soprattutto, di non dover rivivere le stesse delusioni. La serie tv I Soprano ha dato il meglio di sé dalla terza stagione. Il Padrino ha avuto un terzo episodio mediocre.
Gomorra che strada prenderà?
Aniello Troiano