Titolo originale: Harry Potter and the Cursed Child – Part 1 and 2
Autori: J. K. Rowling, John Tiffany e Jack Thorne
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 368
Casa Editrice: Salani
Genere: Fantasy, Avventura, Script teatrale
Formato: Cartaceo, Ebook
Trama:
L’ottava storia. Diciannove anni dopo.
È sempre stato difficile essere Harry Potter, e non è molto più facile ora che è un impiegato del Ministero della Magia oberato di lavoro, marito, e padre di tre figli in età scolare. Mentre Harry Potter fa i conti con un passato che si rifiuta di rimanere tale, il secondogenito Albus deve lottare con il peso di un’eredità famigliare che non ha mai voluto. Il passato e il presente si fondono minacciosamente, e padre e figlio apprendono una scomoda verità: talvolta l’oscurità proviene da luoghi inaspettati.
[Dalla quarta di copertina]
Recensione:
[ATTENZIONE: Analizzare un libro tanto atteso come l’ultimo uscito della saga di Harry Potter è un lavoro difficile e faticoso. Ancora di più in quanto non è nelle intenzioni di chi scrive rovinare in qualunque modo la lettura dei fruitori dell’articolo con spoiler di qualsiasi tipo. Dunque, sentitevi pure liberi di approcciarvi a quanto seguirà, perché non inficerà in alcun modo il vostro futuro possibile avvicinamento alla tanto sudata, attesa e contestata ottava storia. Nessuno spoiler.]
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Quando, nell’ormai lontano 2007, Harry Potter and the Deathly Hollows (nd. I Doni della morte, 2008) ha visto la luce, in pochi hanno pensato che avrebbe mai potuto esserci un seguito. Dopo un po’, le idee in merito sono cambiate, ma non si sono certo affievolite!
Moltissimi fans auspicavano che Mrs. Rowling – vuoi per ispirazione pura e divina, vuoi per avida sete di vile denaro – avrebbe scritto un fantomatico ottavo romanzo. Alcuni erano convinti che sarebbe stato un effettivo sequel. Altri, che si sarebbe trattato di un prequel: magari dedicato all’approfondimento della storia dei signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, o che, papabile alternativa, avrebbe parlato del primo periodo oscuro dell’era della magia moderna: quello di Gellert Grindelwald, orgoglioso predecessore di Lord Voldemort (al secolo Tom Marvolo Riddle).
Ma non è stato così. Niente prequel. E la buona metà dei fans speranzosi sono stati delusi. Non solo: l’altra metà è stata delusa e fuorviata dal secondo annuncio, percepito come ancor più terrificante del primo.
Harry Potter e la Maledizione dell’Erede sarebbe stato uno script teatrale. Stop. Ferma tutto. Script teatrale. Riflettiamo su questa parola: cos’è uno script-teatrale, altrimenti detto, e meglio conosciuto in Italia come sceneggiatura?
[Dal vocabolario Treccani online: Sceneggiatura – 1. Ripartizione in scene e atti di un’opera teatrale, cinematografica o radiotelevisiva. 2. Il copione di un film o di una trasmissione radiotelevisiva, contenente il testo ripartito in scene o quadri. È detta, in gergo, sceneggiatura di ferro quella definitiva in tutti i particolari, in cui sono registrati tutti i momenti del film, descritti nelle loro caratteristiche visive (movimenti della macchina da presa, ampiezza delle inquadrature, ecc.) e acustiche (colonna sonora).]
Appurato il significato della parola sceneggiatura, possiamo finalmente approcciarci a cosa il lettore-fan della saga potrà trovare una volta aperta la prima pagina dell’ottava storia.
Lo script La Maledizione dell’Erede è stato scritto per il teatro. È uno spettacolo, né più né meno. Ogni riga scritta da Mrs. Rowling insieme ai suoi co-autori si presta non a una lettura “da romanzo” (abbondante di descrizioni, spiegazioni, personaggi corposi che, capitolo per capitolo, ci accompagnano nelle loro elucubrazioni e supposizioni) ma ad una visione a teatro. La scelta di pubblicare lo script di uno spettacolo teatrale non è nemmeno da condannare, in quanto Joanne Rowling non è certo la prima al mondo a donare ai fan il prodotto di un’idea nata per teatro sotto forma di pagine librarie.
Tanto per fare un esempio molto “illustre”: prendiamo Romeo e Giulietta, una delle opere più conosciute e apprezzate del drammaturgo inglese William Shakespeare? È uno script teatrale.
E, ancora, per i più appassionati e amanti del genere: le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide? Sono anch’esse script teatrali. Anche se magari gli antichi greci non si erano mai preoccupati della cosa – in quanto non avevano l’idea stessa di “romanzo”, che nasce molto tempo dopo.
Moltissimi script teatrali anche in epoca moderna sono usciti in formato cartaceo. L’intenzione non era – come molti fan hanno ingiustamente inteso – spacciare malvagiamente per romanzo ciò che palesemente non lo è, e magari deluderci tutti a morte. L’intenzione pura e semplice era rendere lo spettacolo teatrale di Harry Potter fruibile a un pubblico molto più vasto rispetto a quello che può permettersi di andare a vederlo a teatro, a Londra, pagando prezzi davvero molto salati (un’occhiata al sito ufficiale di The Cursed Child – lo spettacolo può fare tanto). Harry Potter e la Maledizione dell’Erede dunque è uno script. Una sceneggiatura che obbedisce a leggi completamente diverse rispetto a quelle cui deve sottostare un romanzo e che giustamente ci aspettiamo tutti da un romanzo ben strutturato. Lo si deve accettare.
Cos’altro si deve accettare?
Moltissime critiche sono piovute sul fatto che i personaggi protagonisti non abbiano una vera personalità, che non si abbia accesso ai loro pensieri se non tramite i loro monologhi. Ma, torniamo al fatto principale: stiamo leggendo una sceneggiatura, che quindi a rigor di logica dovrebbe dare il suo meglio se e quando rappresentata. Su un palco. A teatro.
Sta agli attori dar “voce e vita” alla personalità dei personaggi che interpretano, grazie al loro carisma da animali da palcoscenico. A noi lettori amanti della saga, che abbiamo avuto voglia e coraggio di approcciarci alla sceneggiatura, non resta che accettare il fatto che ciò che scorriamo con gli occhi è comunque mutilo: manca della parte più importante.
La mise-en-scéne.
Con questo non è certo intenzione dell’autrice dell’articolo sostenere che non ci sia nulla di “effettivamente banale” in The Cursed Child. Ovviamente la sceneggiatura non manca di auto-citazionismo, e di scene che molto ci ricordano i precedenti volumi della saga: azioni particolari, modi di dire, vagheggiamenti ben precisi che fanno scattare nel fan il tipico campanellino che preannuncia il pensiero “Ah, ma questa cosa l’aveva detta George Weasley nel secondo volume!”
Non mancano nemmeno trovate davvero banali, che certo un lettore attento non potrà che giudicare negative: un certo oggetto magico viene utilizzato in maniera impropria e così vale per un altro artificio narrativo utilizzato da Albus Severus Potter che certo Mrs. Rowling avrebbe potuto evitare, trovando un escamotage più elegante – certo non le sarebbe mancata la fantasia per farlo!
Con i suoi pregi e i suoi difetti, Harry Potter and the Cursed Child è tra le nostre mani, e certo i fans non smetteranno tanto presto di parlare di questa sceneggiatura che, nel bene e nel male, si è aggiudicata numerosi rumors e discussioni nei tempi a venire ancora per molto, molto tempo.
Sull’autrice:
Joanne Rowling (nata a Yate, il 31 luglio 1965): scrittrice, disegnatrice, fervida mente dietro il successo dei sette romanzi che formano la saga di Harry Potter – il primo, Harry Potter e la Pietra Filosofale, è uscito nel 1997, edito dalla casa editrice Bloomsbury.
Ha firmato i suoi romanzi dietro lo pseudonimo “J.K. Rowling”, dove la “K” sta per Kathleen, nome della nonna.
Lo stesso fa quando, nel 2012, esce The Casual Vacancy (in Italia Il Seggio Vacante), primo romanzo non legato alla serie di Harry Potter.
Nel 2013 pubblica la sua prima opera con lo pseudonimo di Robert Galbraith – in Italia Il Richiamo del Cuculo -, ponendo così il primo tassello alla saga del detective Cormoran Strike.
Chiara Listo