Ho intervistato Gian Paolo Serino il 21 aprile. Ci siamo sentiti al telefono dopo pranzo e siamo andati avanti per un’ora. Abbiamo parlato di tante cose, nonostante l’impaccio. Del suo libro, del suo cane (Gipi, dotato di una pagina Facebook), di argomenti profondi e anche intimi. Gian Paolo ha un senso del pudore inverso. Gli pesa parlare di sé come scrittore ma si apre con piacere a discorsi delicati: politica, fede, esperienze personali. Ma abbiamo scelto di non pubblicare ogni cosa. Alla fine, tagliando, asciugando e rimontando abbiamo messo insieme questa intervista.
Aniello Troiano: Una prima domanda, giusto per iniziare. Come hai iniziato a pensare a questo romanzo? Da dove è nato l’input?
Gian Paolo Serino: Dal fatto di non scriverlo. Nel senso: ho sempre creduto che una persona debba scrivere un libro dopo i cinquant’anni. Per una serie di motivi. Non ho mai amato gli scrittori che ogni maggio sono lì in libreria… Ogni maggio, ogni Natale, ogni secondo…
Io penso che uno scrittore debba avere veramente qualcosa da dire, per scrivere. Prima di pubblicare, dovrebbe pensare di essere davanti a un patibolo, e di non poter avere una seconda occasione. Ogni libro come se fosse l’ultimo. Spero che i lettori abbiano colto la mia testa…
Aniello Troiano: Dal tuo libro emerge un quadro…
Gian Paolo Serino: Mi fa piacere che tu abbia detto quadro, perché io ho voluto fare dei quadri acustici. Ogni personaggio ha una sua voce particolare. Cary Grant è come se fosse ingessato. Hemingway severo. King un po’ thriller. Picasso è geniale. Le scritture sono molto diverse, avrai notato…
Aniello Troiano: Certo, sono modellate sui personaggi. Non puoi far parlare Hemingway e Poe allo stesso modo.
Gian Paolo Serino: Esatto.
Aniello Troiano: Dicevo, dal romanzo emerge una visione dura, una crisi del mondo culturale e politico degli ultimi secoli, pensiamo al riferimento a Kennedy.
Gian Paolo Serino: Quella è una storia allucinante. Kennedy è il simbolo dell’American Dream, il sogno americano, ma aveva una sorella che nessuno conosce… E non a caso l’amministrazione Kennedy è quella che ha dato più soldi per gli ospedali psichiatrici.
Quando cadono le stelle, perché ho usato questo titolo?
Perché stelle viene da sidera, desiderare deriva da “mancanza delle stelle”. Prendi Cary Grant, lo conoscono in tutto il mondo, va dalla mamma e le dice “Ciao mamma, sono tuo figlio” e lei gli risponde: “Non è vero, tu sei Cary Grant”. Che è possibilissimo, perché lei lo conosceva come attore. È conosciuto in tutto il mondo ma non da sua madre. È paradossale. Credo che sia molto metaforico.
Aniello Troiano: Il declino che tu racconti c’è sempre stato è soprattutto una realtà degli ultimi secoli?
Gian Paolo Serino: Mah, secondo me soprattutto degli ultimi anni, con l’avvento della televisione. Voglio dire, non tutti hanno letto Stephen King ma tutti conoscono la sua faccia. O anche Picasso, magari c’è gente che nemmeno sa cosa ha fatto ma è difficile che non conosca il suo nome. Edgar Allan Poe… ne hai sentito parlare. Più che personaggi sono icone. Questa realtà ci ha ridotto a considerare più importante il chi scrive, chi crea, cosa parla rispetto a cosa scrive o fa.
Oggi senti discorsi tipo: “ah l’han detto in televisione”, come se la televisione fosse la Bibbia dei poveri. Non è detto che una cosa detta da un tipo famosissimo sia per forza intelligente.
Aniello Troiano: Secondo te il personaggio famoso in generale, non solo lo scrittore, non solo l’artista ma anche il politico, è stato un po’ divinizzato negli ultimi secoli? O è un pensiero eccessivo?
Gian Paolo Serino: No vabbè il politico è sempre stato divinizzato. Penso che il suo lavoro sia quello. L’artista ha sempre venduto quello che faceva, oggi fa quello che vende. Van Gogh faceva quello che gli veniva in mente. Andy Warhol faceva tutti e due ma alla fine era il mercato a guidarlo.
Aniello Troiano: Oggi la letteratura è in decadenza?
Gian Paolo Serino: Si usano molto i generi. Quando io ero piccolo andava molto il poeta della porta accanto. Non c’era un vicino che non avesse una poesia da darti. O che avesse la poesiola pubblicata dalla casa editrice XY. Oggi ci sono i giallisti. Più giallisti che delinquenti, più noiristi che detenuti. C’è una letteratura ombelicale. Si è persa la cosa principale, la letteratura come educazione. Educare, da ex ducere, portare fuori. Dovrebbe essere una letteratura maieutica, che io non trovo. Anche perché c’è una narrativa molto legata al mercato.
Scrivere è un’urgenza, una ferita, una garza. Io non sono per raccontare storielle. Questo è il mio punto di vista…
Aniello Troiano: Hai avuto difficoltà nella stesura di questo romanzo?
Gian Paolo Serino: Eh, ci ho messo vent’anni per trovare gli aneddoti, sono tutti veri. Sono partito da un aneddoto su Charlie Chaplin: si dice che l’attore partecipò a un concorso per sosia di Charlie Chaplin e arrivò terzo. In realtà è falso. Ma lo danno per vero un po’ ovunque. Ho fatto una vera e propria ricerca storica, verificando ogni cosa. Sono tutte storie inedite in Italia, tranne forse quella di Rosemary Kennedy.
Aniello Troiano: Io conoscevo anche quella di Hemingway, ma l’ho letta in inglese, appunto.
Gian Paolo Serino: Quella è allucinante. Sei il simbolo del machismo in letteratura, fai conto: la corrida, la pesca, i toreri, la guerra, la caccia… e poi in realtà ti sei ucciso perché non accetti di essere un gay, e di essere stato vestito fino a nove anni da bambina. Tutta la sua vita è stata spesa per dimenticare quel trauma. E poi l’alcool, l’odio per le donne… Alla fine non ce l’ha fatta più.
Aniello Troiano: Possiamo dire quindi che la più grande opera di fiction di Ernest Hemingway è stata la sua stessa vita?
Gian Paolo Serino: Sicuramente sì, questa è bellissima. Vero.
Aniello Troiano: Un aspetto del tuo libro che non è stato compreso?
Gian Paolo Serino: Sinceramente sono contento. Molte recensioni erano uguali tra loro ma ne ho avute di belle, come quella di Carmen Pellegrino e la tua. Sono molto contento dei lettori.
Forse, pensandoci, quello che non è stato colto è il racconto su Poe. Quella è una grande accusa alla dittatura democratica americana, ma anche a quella italiana. Il discorso è che se farti votare servisse a qualcosa non te lo farebbero fare. In quel racconto c’è un po’ la nascita della non democrazia americana.
Noi oggi viviamo in una dittatura invisibile. Oggi ci sarebbe bisogno di una vera dittatura. Almeno a quella ti puoi ribellare, perché sei schiavo delle catene. Oggi a cosa ti ribelli? Ai divertimenti? Ai piaceri? Alla partita? Alla televisione? Alle belle fighe? Alle amministrazioni?
Siamo tornati al panem et circenses.
Aniello Troiano: Insomma, il vero schiavo è chi non sa di esserlo…
Gian Paolo Serino: Esatto.
Aniello Troiano: Adesso qualche domanda al critico. Cinque autori italiani viventi da leggere?
Gian Paolo Serino: 1, Flavio Villani, L’ordine di Babele. 2, Edoardo Albinati, La scuola cattolica. 3, Filippo Tuena, Ultimo parallelo. 4, Edgardo Franzosini, Raymond Isidore e la sua cattedrale. 5, Paolo Sortino, Elisabeth. Però fammi parlare anche di letteratura americana, dai.
Aniello Troiano: E allora vai, cinque autori americani da leggere. Anche morti, basta che siano recenti.
Gian Paolo Serino: 1, John Maxwell Coetzee, Età di ferro. 2, Bernard Malamud, Racconti. 3, Sherwood Anderson, I racconti dell’Ohio. 4, Don De Lillo, Great Jones Street. 5, Wendell Berry, Jayber crow.
Aniello Troiano: Stai scrivendo altro?
Gian Paolo Serino: Sì, ho due o tre idee in testa. Uno l’ho già scritto, ma sto riflettendo se pubblicarlo subito. È un romanzo molto forte, molto duro, molto sconcertante: ma credo aspetterò perché sento l’esigenza, in una dittatura democratica come la nostra, di intervenire per far capire che quando tutti saremo colpevoli allora sarà la democrazia. È un pericolo grave e che vedo vicino.
Aniello Troiano: Altro da dire?
Gian Paolo Serino: Sì. Soddisfatti o rimborsati. Se un lettore compra il libro e non gli piace io glielo rimborso.
Aniello Troiano: Oggi di quale libro ci sarebbe bisogno?
Gian Paolo Serino: Del mio prossimo.
Aniello Troiano: Ovviamente.
Gian Paolo Serino: Nel senso, sia del mio prossimo libro che del mio prossimo, dell’altra persona. Noi abbiamo bisogno dei libri aperti, e gli unici libri aperti sono gli esseri umani. Anche se noi oggi siamo dei libri chiusi.
Aniello Troiano: Grazie per l’intervista, mi ha fatto piacere.
Gian Paolo Serino: Grazie a Te. Non ho mai amato troppo le interviste. Come hai scritto sono impacciato a parlare di ciò che ho scritto, ma in questo caso lo è stato meno. Perché come ho già avuto modo di dire hai scritto una recensione al mio “Quando cadono le stelle” più bella del libro. O meglio: l’hai scritta come se l’avessi scritta io. Ed entrare in un romanzo e capirlo così bene non è da tutti. Quindi grazie a Te. Per aver trovato un critico di valore ma soprattutto un interlocutore di cui, sono sicuro, sentirò, parlare.
Gian Paolo Serino e Aniello Troiano