Una breve introduzione
Vi è mai capitato di guardare una serie tv e pensare di aver già visto quel personaggio o quella situazione – pur non riuscendo a ricordare dove? Questo accade perché, che lo si voglia ammettere o meno, il pubblico ha bisogno di punti di riferimento saldi, chiamiamoli pure cliché senza però affibbiare necessariamente al termine un’accezione negativa.
Dovendo analizzarne alcuni, nel corso delle prossime uscite, è giusto specificare che questa rubrica potrebbe contenere degli spoiler. Per quanto possibile, mi limiterò a fare riferimenti a serie già concluse da anni o stagioni non in corso.
La fatidica domanda
Come ogni buon eroe di quartiere, anche gli agenti di polizia e i detective hanno bisogno di una storia che parli delle loro origini, di ciò che ogni mattina li spinge a uscire dal letto, infilare divisa e distintivo, e andare a caccia di criminali come ieri. E il giorno prima di ieri. E quello prima ancora. Non è un lavoro ben pagato (e nessuno sceneggiatore tenterà di farvi credere il contrario), spesso le rogne superano di molto le soddisfazioni e il rischio di beccarsi una pallottola è sempre dietro l’angolo. Eppure qualcuno decide di farlo.
Perché?
Le ragioni sono molteplici, ma le più frequenti possono essere racchiuse nelle categorie: famiglia, espiazione e razza.
Una morte in famiglia
Come accade anche per molti supereroi, un lutto in famiglia può essere considerato il punto d’origine, l’inizio della storia. Due detective, due donne, una inglese e l’altra americana, sono la risposta alla domanda: perché una bella ragazza del ceto medio decide di entrare in polizia?
Alex Drake (Ashes to Ashes, BBC) e Kate Beckett (Castle, ABC) non condividono solo il doppiaggio italiano: entrambe sono nate in famiglie apparentemente normali e hanno ricevuto una buona istruzione. E sono state segnate dall’irrisolto omicidio della madre.L’evento ha avuto un impatto talmente grosso nelle loro vite da meritare di trovarsi sotto i riflettori per molto tempo nel corso delle serie d’appartenenza, talvolta trovandosi persino al centro di più vasti complotti che coinvolgono uomini potenti, poliziotti rinnegati o questioni legali.
L’ispettore Drake, psicologa delle forze dell’ordine al servizio di sua maestà, ha la possibilità di rivivere gli ultimi mesi di vita dei suoi genitori quando un proiettile la rispedisce negli sfavillanti anni ’80. Tra dinamitardi e criminali scontenti del lavoro dei suoi genitori (entrambi avvocati penalisti), Alex riesce a far luce sull’incidente senza però riuscire a impedirlo.
Di difficile risoluzione rimane invece il caso dell’omicidio di Johanna Beckett, che anni dopo spingerà la giovane figlia a intraprendere la carriera di detective del NYPD. Il suo incontro con lo scrittore Richard Castle la spinge a riprendere le ricerche dell’assassino della madre, che finisce per rivelare un complotto che in più occasioni mette a repentaglio le loro vite – e quelle delle persone a loro care.
I peccati del padre
Talvolta sono proprio i genitori la causa delle sofferenze altrui. Pensiamo sempre che le persone che ci hanno messo al mondo siano infallibili esempi di virtù. Ma che succede quando non è così?
L’agente speciale Kurt Weller (Blindspot, NBC) vive dall’età di dieci anni all’ombra delle accuse mosse al padre, sospettato di aver rapito e ucciso la piccola Taylor Shaw. Le accuse convincono Kurt a tagliare i ponti con l’uomo (il cui coinvolgimento per anni non viene mai dimostrato), spingendolo inoltre a entrare in accademia e diventare un agente dell’FBI. La paura di essere associato a quel crimine è da considerarsi un incentivo. Sii un uomo diverso da tuo padre.
Simile sorte, diverso continente, quella di Sam Tyler (Life on Mars, BBC), abbandonato in tenera età dal padre. Per anni la sua famiglia aveva creduto che la causa dell’allontanamento fosse da attribuire a un giro sbagliato, debiti, qualche piccolo errore. Rispedito nel 1973 da un incidente stradale, Sam ha la possibilità di indagare sulle ragioni che hanno costretto il padre alla fuga partendo da dei ricordi confusi che lo accompagnano dall’età di quattro anni, una donna in rosso che fugge e la certezza che il suo omicidio sia in qualche modo collegato indissolubilmente agli eventi che hanno segnato la sua vita: l’abbandono, il suo ingresso in polizia e l’incidente stradale.
Tutti i miei amici sono in prigione
Una volta qualcuno disse che se nasci in un certo quartiere hai solo due scelte: unirti a una gang o combattere il crimine. Così, accade spesso che nel corso di un’indagine si finisca per arrestare il vicino di casa o un vecchio compagno di classe che ha preferito la prima alternativa.
Il detective Julio Sanchez (The Closer, TNT) è solo uno dei tanti esempi di come questa teoria si applichi soprattutto in contesti di ghettizzazione (latinoamericani, afroamericani, irlandesi, italoamericani tra i più comuni) dove la criminalità organizzata ha la possibilità di prolificare indisturbata. Sanchez non nasconde il passato criminale del fratello, ora in carcere, né d’essere cresciuto con molti dei criminali che ha arrestato, anzi, ne parla apertamente quando si tratta di spiegare cosa l’ha spinto tra le braccia della polizia di Los Angeles. Uno degli aneddoti che utilizza è quello della brutale uccisione del suo gatto, all’età di dodici anni, e di come avesse promesso di catturare i ragazzi responsabili. È accaduto anni dopo, con capi d’accusa diversi, certo, ma pare che il piccolo Julio ci avesse visto lungo.
E per dimostrare che questa teoria non si applica solo ai polizieschi, il caso bonus va all’agente Warburton (Community, NBC), il giovanissimo e promettente partner di una vecchia conoscenza del gruppo di studio, l’agente Cackowski. Si dice che per catturare un criminale ci vuole un criminale, per questa ragione quando il Community College di Greendale diventa vittima di violenti cyber-attacchi, che minacciano di minarne il già precario equilibrio, la miglior scelta è proprio il prodigio del computer che un tempo lavorava con gli altrettanto giovani hacker responsabili.
Le schegge impazzite
Abbiamo detto che solitamente i background possono rientrare nelle tre categorie già citate, ma questo non significa che delle alternative non siano possibili. Esistono personaggi che indossano la divisa per seguire l’esempio di un altro membro della famiglia e c’è chi lo fa perché voleva scegliere una professione eroica (o questo o il vigile del fuoco, direbbe qualcuno).
E c’è il capitano Sharon Raydor (Major Crimes, TNT) il cui percorso in polizia è stato influenzato da diversi fattori: l’ingresso in accademia per aiutare il marito a pagare i debiti scolastici, in attesa di vedersi restituire il favore, ma a causa della gravidanza e della separazione la prospettiva di una retribuzione sicura l’ha convinta a rimanere nelle forze dell’ordine; subentrato l’amore per il distintivo, il suo nuovo obiettivo è diventato combattere il maschilismo radicato nella gerarchia delle forze dell’ordine attraverso una brillante carriera nell’FID (detto anche “la naturale nemesi dei protagonisti delle serie crime”, ossia gli affari interni), nella speranza di poter un giorno vedere molte più donne ricoprire ruoli di comando.
Potrei chiudere qui questa puntata, ma l’ultimo personaggio di cui parlerò è una “scheggia impazzita” per definizione. È quasi per errore che un certo Richard Castle (Castle, ABC), carismatico autore di bestseller già noto alla polizia di New York per le sue bravate, si ritrova alla soglia dei quarant’anni ad accarezzare l’idea di giocare a guardie e ladri sotto la costante supervisione di Kate Beckett. Ciò che ha avuto inizio come una collaborazione tra polizia e scrittore per la stesura di un nuovo libro diventa sempre meno ricerca e più investigazione. Dopotutto chi da piccolo non ha mai sognato di dare la caccia ai criminali? E si sa che, in fondo, Richard Castle è solo un bambino troppo cresciuto!
Chiudiamo con il nostro carismatico scrittore la puntata dedicata alle origini dei nostri eroi con il distintivo. Le serie tv citate qui sopra sono americane e inglesi, perciò non esitate a condividere con noi altri esempi (nostrani, canadesi, o di qualsivoglia nazionalità!) di personaggi che rientrano in queste categorie o che se ne allontanano completamente.
Christine Amberpit