Di biografie di personaggi celebri, modelli da cui trarre ispirazione, ne sono state scritte e girate a decine, non ultime le più vicine a noi, in termini sia temporali che di tematiche, ovvero The Social Network per Mark Zuckerberg e l’omonimo Steve Jobs, con Michael Fassbender.
Per quanto tali personaggi abbiano avuto un enorme impatto sulla nostra vita quotidiana, rimangono comunque figure lontane, quasi mitologiche, e la pellicola perde parte del suo potere ispirazionale per ridursi a mera curiosità.
Girlboss, la nuova serie Netflix disponibile dal 21 aprile, invece, si trova nella posizione diametralmente opposta ai film sopracitati.
E’ tratta dall’omonimo romanzo autobiografico “#Girlboss. Come ho creato un impero commerciale partendo dal nulla”, di Sophia Amoruso, fondatrice di Nasty Gal, una delle società di moda femminile più importanti in America e nel mondo, cresciuta in pochissimo tempo proprio grazie ad Internet, alla vendita online e al passaparola.
Girlboss racconta proprio la nascita di Nasty Gal in un appartamento di San Francisco, prtendo da un semplice laptop e un account eBay.
Sophia Marlowe, l’alter ego di Amoruso, interpretata da Britt Robertson (già nota in TV per Life Unexpected, The Secret Circle, e per il film Tomorrowland – Il mondo di domani), è una giovane ragazza di 23 anni fuori da ogni schema: scontrosa, egoista, ma anche furba, intelligente e dalla battuta sempre pronta.
Disadattata al punto da essere costantemente licenziata, perdere ore a cercare pochi spiccioli per casa, e rubare quello che non può permettersi.
L’unica cosa che le riesce bene è cercare nei negozi vintage, dell’usato, o su eBay, vestiti preziosi ma dismessi, da comprare per pochi dollari. Sarà grazie ad uno di questi capi che Sophia avrà una epifania: scovare abiti vintage firmati e di valore per poi rivenderli online ad un prezzo decisamente più elevato.
Ma quando Sophia pensa di aver capito il suo scopo nella vita, una brutta ernia inguinale le rovina i piani.
Per poterla curare le possibilità sono due: avere un bel po’ di soldi da parte, o avere accesso ad un’assicurazione sanitaria, solitamente resa disponibile con un normale contratto di lavoro, per lei così difficile da mantenere.
È qui che cominciano le disavventure di Sophia, divisa tra la voglia di dedicarsi alla propria passione e l’incapacità di fuggire, per i suoi problemi di salute, da quello schema sociale che tanto odia, fatto di orari di ufficio e routine.
Sarà proprio la passione e la voglia di fare di un hobby il suo mestiere a darle la forza di superare le avversità, nonostante un fidanzato inutile, una amica relegata alla figura di macchietta e un padre che vorrebbe, più che aiutarla, trascinarla nel mondo degli adulti.
Sono due i protagonisti che reggono Girlboss: Sophia Marlowe e la San Francisco del 2006.
La città è viva, luminosa, alleata e avversaria di Sophia già dalle prime battute: due chiacchiere con una signora su una panchina, lo scontro con il commesso di un negozio, le serate nei locali. Questi elementi donano spessore a San Francisco e ci fanno vivere non solo l’ambientazione ma l’epoca del cambiamento avvenuto con il web .
Unico elemento veramente moderno della serie è proprio il personaggio di Sophia, tanto comune e disadattato quanto i peggiori di noi, a permetterci di dire nell’era di Internet: “se ce l’ha fatta lei, posso farcela anche io”.
La sua vera qualità è la caparbietà e la determinazione che mette nel raggiungere il suo scopo, non ne ha altre particolari: non è un genio fuori dal comune come Zuckerberg o Jobs, ma una persona qualsiasi che ce l’ha fatta perché ci ha creduto, a qualsiasi costo.
La serie, però, non scava ulteriormente nel suo animo, non ci sono elementi di riflessioni, piani di lettura diversi, perché non ce n’è bisogno.
Girlboss si limita a dire al pubblico che se ci credi, e se sei disposto realmente a tutto, puoi farcela, e lo fa divertendoti, con quella stessa comicità e intelligenza che Kay Cannon, produttrice insieme a Charlize Theron, ha saputo dimostrare in prodotti come 30 Rocks e New Girl.
La serie diverte, intrattiene e racconta, senza sbilanciarsi sul piano emotivo.
Lasciatevi ispirare da questa ragazza folle, se ce l’ha fatta lei, potete farcela anche voi.
Chiara Iovino