Due giorni fa ho comprato una rivista di scrittura creativa all’aeroporto di Stansted. È un bel giornale dalla copertina patinata. Il titolo, Writers, è forse un incoraggiamento per i lettori a credere di più in se stessi, o, più probabilmente, un invito a sentirsi parte di una comunità solitamente piuttosto frastagliata.
Ormai dovremmo saperlo: l’inglese è una lingua pragmatica.
L’autista dell’autobus che la sera si siede alla scrivania, apre un quaderno e butta giù un racconto, compie un’azione precisa: scrivere. E se scrivi, sei un writer. Che tu abbia pubblicazioni all’attivo o che i tuoi pezzi siano apprezzati solo da tua madre, poco importa. La mera azione di scrivere fa di te un writer. Published, unpublished, aspiring o established sono tutti aggettivi che vengono dopo. O meglio, vengono prima, in inglese, ma non cambiano la tua identità. Sono attributi da aggiungere per specificare i risultati di ciò che fai.
Questa rubrica parlerà di scrittura, non di scrittori, ma per quei dieci minuti in cui deciderete di andare avanti nella lettura e di trarre qualcosa dai miei deliri, vorrei che vi identificaste in una comunità di writers, ovvero il gruppo di cui facciamo parte in molti.
Quello di chi, semplicemente, scrive e vorrebbe riconoscersi come writer. Non come uno scrittore, parola che in italiano indica una professione, uno status davanti a cui inchinarsi con timore reverenziale. “Sono uno scrittore”: chi pronuncia queste parole, nell’accezione italiana, deve avere almeno due o tre pubblicazioni all’attivo per essere preso sul serio. E neanche a parlare di auto-pubblicazione o case editrici fasulle: essere uno scrittore, o anche, fare lo scrittore, è una cosa seria. Ed è verissimo.
Ecco, dimenticate per un attimo il vostro curriculum letterario, la fatica, gli sforzi e il sudore impiegati per scrivere quello che pensate sia il nuovo grande romanzo italiano del ventunesimo secolo; ignorate i tanti curricula inviati per trovare lavoro nell’ambiente editoriale e le critiche più cattive fatte ai vostri racconti. In questo spazio, crederete in voi stessi come parte di un attivo, curioso e determinato gruppo di writers: vi sentirete parte di un insieme di persone che lottano ogni giorno per migliorarsi e farsi sentire. Come in ogni gruppo di scrittura creativa, ognuno ha ambizioni e sogni diversi, ma il fine comune è quello di confrontarsi, conoscere le esperienze altrui per raggiungere una consapevolezza più ampia del mondo editoriale, dare suggerimenti e, eventualmente, criticare aspramente.
Questa rubrica parlerà di tutti noi. Di chi ci prova ma non sa come muoversi tra gli ostacoli e le truffe del mondo editoriale, di chi saprebbe come muoversi ma è bloccato sull’incipit di una storia che aspetta impaziente di essere raccontata, di chi ha solo bisogno di un po’ di ispirazione o di un punto di riferimento. A cadenza regolare, ficcherò tutte le mie penne in valigia e partirò per un piccolo o grande viaggio nel mondo della scrittura creativa e dell’editoria. Ho studiato all’estero per molto tempo e le mie valigie sono ormai consumate, ma sono sempre pronta a partire. Libri, fasci di documenti, manoscritti abbozzati, penne di ogni genere, quadernetti e agende: i bagagli dello scrittore sono pesanti, è vero, ma attraverso questa rubrica spero che possiate sentirli leggeri, per una volta.
In Penne in Valigia parlerò di cosa significhi studiare scrittura creativa in diversi ambienti e paesi. In ogni caso vuol dire mettersi alla prova e quindi crescere, a prescindere dal luogo, che sia nel club del libro di un paesino nelle campagne abruzzesi o tra le prestigiose aule del Iowa Writers’ Workshop. Ecco, in Penne in Valigia parleremo di tutte queste esperienze e delle possibilità che lo studio della scrittura creativa e il mondo dell’editoria possono riservarci.
Ho solo una richiesta da farvi, prima del prossimo appuntamento. Prendete una bella valigia, non la più grossa, ma la più bella che avete (gli scrittori devono sempre avere un po’ di stile, ne parleremo presto). Apritela e provate a riempirla con tutto quello che considerate importante nel vostro percorso di writers. I vostri manoscritti, certo, quelli compiuti o quelli agli inizi, quelli che non sopportate più e quelli in cui invece riponete tutte le vostre speranze. Mettete taccuini, idee, pennarelli dall’inchiostro colorato e sbrilluccicante, un pacco da cento penne a sfera nere, ogni idea, esperienza, insegnamento o sogno.
Domandatevi cosa faccia di voi degli aspiranti scrittori.
Domandatevi cosa vi renda diversi dagli altri, cosa vi ispiri, in cosa vi siate impegnati per arrivare alle persone che siete ora, cosa vi ha spinto ad aprire questo articolo trovato per caso o tra le rubriche di Fralerighe.
Cosa vi ha spinto ad aprire Penne in Valigia?
Perché volete imparare e sapere di più?
La valigia deve essere leggera, ma necessita di tutto ciò che vi rende, almeno un pochino, futuri scrittori. Fate i bagagli, il viaggio sta per cominciare.
Rachele Salvini