Ogni viaggio, dalla vacanza intelligente in una capitale d’Europa al campeggio con gli amici in un angolo sperduto del mondo, necessita un’accurata preparazione.
Domandarsi se si è preparati per 8 ore di trekking al giorno o per spostarsi senza sosta in metropolitana tra gallerie e musei può portare non solo a una realistica pianificazione del viaggio, ma anche a un consapevole riconoscimento dei propri limiti e obiettivi.
Lo stesso vale per il nostro percorso con Penne in Valigia attraverso lo studio della scrittura creativa all’estero. E’ necessario prepararsi alla partenza, o almeno, nel caso dei lettori interessati a intraprendere un corso di studi fuori dall’Italia, domandarsi che cosa si possa trarre da questo tipo di offerta.
La principale domanda da porsi sarà dunque: è possibile scrivere in un’altra lingua? E’ possibile esprimere tutte le bellissime e complesse sfumature linguistiche nella stesura di un testo, se la lingua in cui si scrive non è quella nativa?
I miei colleghi italiani sono spesso sedotti dalle infinite possibilità offerte dalla nostra lingua. Questo può portare ad un costante tentativo di sfoggiare il vocabolario più esteso o all’interesse quasi morboso verso giochi di parole ed esercizietti di stile, tutti volti a esplorare ogni recondito vicolo della lingua italiana. Ecco perché molti non concepiscono l’idea che effettivamente un italiano possa scrivere in un’altra lingua. Sostengono che sia necessario tradurre da una lingua straniera nella propria e mai il contrario, e che scrivere in un’altra lingua in modo cosciente e completo sia assolutamente impossibile.
Al di là della singola opinione, decidere di intraprendere lo studio della scrittura creativa in un paese straniero significa fare una scommessa e un investimento importante. Questa scelta non può essere ridotta alla mancanza di università e scuole che offrano questo servizio (ci sono delle ottime scuole di scrittura anche in Italia, anche se non sono equipollenti a corsi di laurea). Scegliere questo percorso significa avere un forte attaccamento e una grande passione per la lingua nella quale si decide di scrivere.
Quando parlo della scrittura in una lingua diversa da quella madre, mi piace molto portare l’esempio di Jhumpa Lahiri, laureata alla Boston University e famosissima autrice di romanzi in lingua inglese. Durante in uno dei suoi molti viaggi in Italia, Lahiri si innamorò follemente dell’Italiano e, da brava scrittrice cocciuta, decise di imparare la lingua e di cimentarsi nella scrittura in Italiano.
Nel 2015 è uscito In Altre Parole, in cui l’autrice parla del suo “colpo di fulmine” con l’italiano e il suo tentativo – senza dubbio ben riuscito – di scrivere in una lingua diversa dalla propria.
Lahiri parla di un processo lento, faticoso, di una penna che si addentra e si inerpica instancabilmente tra i sentieri della lingua italiana, ma si interrompe spesso per riposarsi. E riposarsi implica interrogarsi su quale sia la forma più adatta per esprimere le proprie idee, come lasciarsi alle spalle le vie più battute, le parole usate troppo spesso, quelle che renderebbero la scrittura piatta e strabordante di cliché.
Nello sforzo di scrivere in Italiano, Lahiri inciampa, arranca verso la fine, cercando di mettere da parte la sua lingua madre e di tuffarsi completamente in una forma mentis completamente diversa da quella a cui è abituata e di cui si sente padrona in quanto famosa e affermata scrittrice.
Ma Jhumpa Lahiri è solo un esempio fra i molti. Le riviste letterarie in lingua inglese ricevono moltissime opere scritte da autori la cui lingua madre non è l’inglese. Nei paesi in cui la Scrittura Creativa affonda le radici della sua tradizione, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, gli workshop stanno vedendo l’avvicinamento di nuove voci a rappresentare il cambiamento di una lingua costantemente manipolata dalle contaminazioni tra culture diverse.
Insomma, oltre che le penne, i blocchi per gli appunti e le agende, gli aspiranti scrittori hanno bisogno di chiudere in valigia qualche altro fondamentale elemento che permetterà loro di sfruttare al meglio un periodo di studio di Scrittura Creativa all’estero: la consapevolezza che sarà dura e, pertanto, la fiducia in sé stessi.
Scrivere in un’altra lingua rispetto alla propria è possibile. Marina Warner, scrittrice e docente di scrittura creativa britannica, ha scritto sul Guardian che sono proprio le difficoltà imposte da questa sfida e la contaminazione di più lingue a rendere la pratica della scrittura creativa più ricca e consapevole. Tanto è vero che, docenti universitari e non come Ian Pople e Alan Maley, considerano l’impiego della scrittura creativa un ottimo modo per studiare la lingua inglese. Attraverso la ricerca di nuove forme per esprimere al meglio il suo estro e raccontare la storia che ha in mente, lo studente cerca nuove espressioni, parole dal significato più preciso e, eventualmente, poetico, ampliando la propria conoscenza linguistica, sia dal punto di vista del vocabolario che da quello di grammatica e sintassi.
Prima di partire per il viaggio, l’aspirante scrittore dovrà leggere in lingua, pianificando i propri obiettivi, identificando uno stile da prendere come esempio e cercando di non sentirsi abbattuto se le prime correzioni di bozza dei propri scritti porteranno più segnacci rossi che commenti positivi. La vita dell’aspirante scrittore è una lotta perenne per la conquista della parola giusta, a prescindere dalla lingua in cui si decide di scrivere.
Rachele Salvini