Barney Mayerson si svegliò con un mal di testa fuori dal comune, per scoprire che si trovava in una camera da letto nient’affatto familiare in un appcon nient’affatto familiare. Al suo fianco, con le coperte che le arrivavano fino alle spalle nude e lisce, continuava a dormire una ragazza nient’affatto familiare, che respirava lievemente con la bocca, i capelli una matassa di bianco cotonato.
Si evidenzia già una grande differenza tra questo incipit e quello precedentemente mostrato nella recensione di Occhio nel cielo. Dick è tremendamente migliorato. In queste prime righe, diversamente da quanto succede in Occhio, non ci viene semplicemente narrato in maniera lineare un evento, ma, tramite l’iterazione precisa e ben calcolata della locuzione nient’affatto familiare, Dick introduce una tematica che diverrà il leitmotiv dell’intera opera: l’identità. Ad apparire confusa non è solo l’identità del personaggio presentatoci col titolo del romanzo, l’oscuro, terrificante e onnipotente Palmer Eldritch, ma anche, per esempio, il precog. – o precognitore, figura che compare spesso nell’opera dickiana e che possiede l’abilità di vedere nel futuro – Barney Mayerson e il suo capo Leo Bulero dovranno lottare a lungo per affermare il proprio essere ed il proprio posto nell’universo. Ma prima di passare all’analisi, concentriamoci sulla sinossi…
In un futuro non precisato, la Terra è diventata un magma incandescente. Le giornate sono talmente calde che in certe ore del giorno è impossibile uscire per strada senza il rischio di morire inceneriti. L’umanità cerca una soluzione al riscaldamento globale e decide di trasferire alcuni abitanti scelti su Marte, avviando un processo di colonizzazione che renda le condizioni del Pianeta Rosso sempre più idonee alla vita umana. Tuttavia, la vita dei coloni non è facile e in pochi partono volontari. Ad alleviare le loro sofferenze ci pensa Leo Bulero, imprenditore e fondatore della Plastici P.P., azienda che formalmente produce solo bambole e plastici di case terrestri ma che, in realtà, oltre a ciò distribuisce anche una droga illegale nota come Can-D. Utilizzato assieme ad un plastico e alla coppia di bambole Walt e Perky Pat – chiara allusione a Ken e Barbie -, il Can-D è in grado di trasferire la coscienza del fruitore in un mondo fittizio dove il Sole splende sempre e niente di brutto può capitare. A interferire con il mercato di Bulero, ci pensa Palmer Eldritch, uomo d’affari privo di scrupoli e dall’aspetto alquanto singolare: possiede, infatti, due occhi sintetici, una mano robotica e denti d’acciaio – le sue cosiddette stimmate. Tornato da un lungo viaggio su Proxima Centauri, Palmer Eldritch – il cui nome è dato dall’accostamento di un simbolo biblico (le palme, simbolo dell’immortalità e della rinascita) e un aggettivo (Eldritch) traducibile come “sinistro”, “spettrale” – non perde tempo e comincia subito a distribuire su Marte una droga concorrente del Can-D, chiamata Chew-Z che, a detta del suo produttore, è molto più efficace e persistente rispetto a quella di Bulero. Da qui comincia una vera e propria guerra, la cui posta in palio non è solo il dominio sul mercato, ma il futuro dell’umanità.
“Dio promette la vita eterna” disse Eldritch “io posso fare di meglio; posso metterla in commercio”
Chi è Palmer Eldritch? O meglio, chi o cosa è il Palmer Eldritch tornato da Proxima Centauri? Nel mondo “reale” non compare mai, ma, come un fantasma, infesta le realtà illusorie prodotte dal Chew-Z, manipolando gli universi e le persone che vi abitano. C’è chi sospetta che Palmer Eldritch abbia stretto un accordo con gli alieni di Proxima Centauri per invadere la Terra, chi, invece, crede che sia diventato una sorta di divinità. Comunque stiano le cose, Dick non ci offre una risposta ma, pagina dopo pagina, ci trascina con la forza di una narrazione non lineare nel vortice di una vicenda avvincente e mozzafiato.
La maggiore profondità esperienziale prodotta dal Chew-Z permette al suo consumatore di entrare in mondi più variegati, duraturi e complessi, realtà molto più penetranti rispetto all’universo del Can-D, zuccherino e, per certi versi, infantile. Il Chew-Z è talmente pervasivo da influenzare anche la supposta “realtà vera”. Coloro che ne faranno uso, non riusciranno più a dire se sono ancora sotto effetto della droga o meno.
“Che c’è, signorina Fugate? Cosa sta guardando?”
Roni Fugate mormorò: “Mi spiace, signor Bulero, ma c’è una creatura sotto la sua scrivania.”
Chinandosi, Leo scrutò sotto la scrivania. […]
Era ancora peggio dei gluck. L’aveva vista bene.
Leo disse: “Bè, abbiamo detto tutto. Mi spiace, signorina Fugate, ma può anche tornare nel suo ufficio; non ha senso discutere quali azioni adottare per l’imminente comparsa sul mercato del Chew-Z. Perché non sto parlando con nessuno; sono seduto qui a blaterare con me stesso.” Era demoralizzato. Eldritch lo teneva in pugno, ed era stata dimostrata anche la validità, o almeno l’apparente validità, dell’esperienza con il Chew-Z; lui stesso l’aveva confusa con la realtà.
Ma il Chew-Z non crea solo nuove realtà; con esso è possibile anche viaggiare nel tempo. Leo Bulero, sotto il suo effetto, vedrà uno dei suoi possibili futuri, mentre Barney Mayerson rivivrà il proprio passato – la separazione dalla moglie con la quale tenterà disperatamente di tornare assieme.
Nel personaggio di Barney troviamo concentrati la maggior parte degli elementi autobiografici del romanzo. Barney, infatti, è una chiara trasposizione fittizia dell’autore, la rappresentazione di come Dick vedeva sé stesso
Ci vuole un certo coraggio, pensò lui, per affrontare sé stessi e dire in tutta onestà, Sono marcio. Ho fatto del male e lo farò ancora. Non è stato un incidente; scaturiva dal mio vero, autentico io.
In questo passaggio Dick fa i conti con sé stesso, si guarda allo specchio e scopre di odiare ciò che è diventato. È anche in questo contesto che il tema dell’identità si fa largo: come Mayerson non riesce ad ottenere il ruolo che desiderava all’interno della Plastici P.P., così Dick non riesce a diventare un autore mainstream; come Barney rimpiange il divorzio con Emily, così Dick si pente per aver rinunciato a Kleo; e tutti e due si trovano al medesimo bivio, costretti a domandarsi: “chi sono?”
Identità, pensò; la sto già acquisendo, grazie a quest’abitazione comune di bassa lega che avrebbe bisogno di cinquant’anni di lavori di riparazione costanti e meticolosi da parte di esperti.
Barney prova a espiare le proprie colpe trasferendosi su Marte come spia di Bulero, però sarà Palmer Eldritch a offrirgli la redenzione tramite il Chew-Z. Ma quali sono le intenzioni di Eldritch?
La sua figura evanescente ed immateriale lo rende accostabile ad una divinità e la sua forza all’interno dell’universo del Chew-Z è fuori discussione: ha tutti i tratti di un dio e Dick ce lo ricorda accostando la sua figura a citazioni bibliche. Ma, se è realmente un dio, egli è un dio crudele, manipolatore, il genio maligno cartesiano che mescola le carte e fa confondere realtà e sogno.
Ma Eldritch è veramente un dio? Tutti i personaggi si interrogano sulla sua vera natura senza giungere ad una risposta soddisfacente e nel frattempo, come un virus, egli si diffonde tra le menti e i corpi delle persone. Nell’ultimo capitolo, Leo sembra ormai prossimo alla vittoria, ma un fulmineo colpo di scena -come tipico in Dick-, cambia ancora una volta le carte in tavola.
“Gli universi del Chew-Z sono reali?”, “Leo Bulero vincerà?” e, soprattutto, “Chi o cosa è Palmer Eldritch?”. Ai lettori, l’ardua sentenza.
Stefano Corradi
Un pensiero su “Philip K. Dick: “Le tre stimmate di Palmer Eldritch””