Dopo “07-07-2007” torna il burbero vicequestore Rocco Schiavone. Romano, trapiantato ad Aosta in quanto personaggio scomodo, si ritrova con una brutta patata bollente tra le mani. Il cadavere di un transessuale viene ritrovato nel fiume Dora. Sulle prime gli investigatori e il medico legale pensano a un annegamento. Quando però il dottor Alberto Fumagalli scopre un segno sul collo ecco emergere un’altra causa per la morte di Juan Pedro (Juana) Perez, in arte Sonya, residente in uno stabile al numero 12 di via Brean ad Aosta: strangolamento.
Per Rocco Schiavone e la sua squadra inizia un’indagine assai complicata, resa anche più complessa dal trasferimento di ufficio del nostro, che finisce in un ex sgabuzzino delle scope, ufficialmente per cedere il posto alla nuova squadra della scientifica, capitanata da una donna assillata da fantasie complottiste.
Prima l’appartamento della vittima viene completamente svuotato senza che nessuno degli altri condomini senta nulla; poi cominciano a saltar fuori ambiguità e discrepanze nelle varie testimonianze raccolte. Infine, quando la squadra sta per chiudere il cerchio attorno all’assassino di Juana Perez, ecco arrivare un inaspettato altolà alla continuazione dell’indagine. I superiori di Schiavone accampano l’alibi della ragione di Stato per giustificare il passo indietro. Pur con molta poca voglia, il vicequestore è costretto ad abbozzare e a bere questo amaro calice, che per lui in questo nuovo romanzo non sarà l’unico, come si vedrà, e soprattutto spiegare l’accaduto alla propria squadra, la quale, almeno inizialmente, prende molto male la novità, considerandola come una sorta di resa.
Quasi in contemporanea con il caso di Aosta, nelle campagne romane viene ritrovato un cadavere non identificato, un “John Doe” per dirla all’americana. L’unica cosa rinvenuta addosso al corpo è un bigliettino con sopra scritto un numero di cellulare: quello di Rocco Schiavone. E così il vicequestore si ritrova a giocare su due tavoli. E quando la partita sul tavolo aostano viene dichiarata persa per le suddette “ragioni di Stato”, Schiavone si precipita a Roma. Qui, insieme ai due amici di sempre Brizio e Furio, deve cercare di venire a capo della faccenda e, più importante ancora, ritrovare l’altro amico, Sebastiano, marito di Adele uccisa al posto di Schiavone.
Le cose però prendono una brutta piega: il rapporto con Sebastiano si incrina, e anche gli altri amici iniziano a guardare Schiavone con sospetto, ritenendolo una “guardia” più che un amico. Un altro calice amaro da ingoiare. Ma l’ultimo e il più amaro di tutti lo aspetta nuovamente ad Aosta. Qui, infatti, scoprirà di aver dato fiducia a un traditore…
Questo nuovo romanzo della serie uscita dalla penna di Antonio Manzini, bello ma alquanto amaro, sa tanto di congedo per il vicequestore più burbero e sboccato della narrativa. Sarebbe, almeno a mio avviso, una conclusione adatta a quello che è il carattere del personaggio. Una fine piuttosto amara ma che ben s’addice a uno come Rocco Schiavone, che considera la vita simile al percorso che fanno i tonni prima di venir uccisi e inscatolati. In più, questo epilogo permetterebbe al vicequestore Schiavone di evitare di venir fagocitato dalle ombre alle quali si trova sempre più spesso a dover dar la caccia.
Riccardo Mainetti