Karl Petersén è direttore editoriale per la Arnefors & Söner, una casa editrice prestigiosa. Tra gli autori pubblicati dalla stessa rientra anche Jan Y. Nilsson, poeta di grande talento, certo, ma dalla produzione poco venduta. Ed è qui che nasce l’idea di Petersén: far scrivere un romanzo giallo a Nilsson. Coniugare qualità letteraria e potenziale commerciale. Insomma, una buona mossa editoriale. Senonché, quando Petersén va a casa di Nilsson – un peschereccio fermo nel porto di Helsingborg – per fargli firmare il contratto, lo trova impiccato all’interno della barca. Potrebbe sembrare un suicidio, ma ben presto emerge un’altra, triste verità: si tratta di un omicidio…
A curare le indagini c’è Martin Barck, commissario e poeta dilettante, che tra un impegno e l’altro sogna di poter pubblicare le sue opere.
Insomma, il romanzo si apre in una cornice decisamente letteraria, e procede in questa direzione per le tutta la sua lunghezza. Sono tanti i riferimenti alla mania del giallo scandinavo, a opere e autori ormai noti del panorama nordico. Basti pensare che il giallo di Nilsson si intitola Uomini che odiano i ricchi, riferimento lampante all’altro Larsson, Stieg. Abbonda la satira, anche feroce, verso un modo editoriale ansante e delirante, colto nella sua corsa spasmodica verso il nuovo bestseller a tinte fosche. A condire il tutto una buona dose d’ironia, lampante sin dal titolo, che sembra voler dichiarare fin dal principio che questo, in fondo, è solo un gioco.
Ma se il titolo è scherzoso e il sottotitolo – una specie di giallo – sembra voler sminuire la trama poliziesca, in realtà I poeti morti non scrivono gialli è anche un buon romanzo di genere, dotato di una sua trama solida, di personaggi ben delineati, credibili, di un assassino dalla psicologia morbosa e distorta, tale da rendere forte e drammatico il movente. Anche le indagini, condotte dal commissario Barck, risultano realistiche nel loro procedimento lento e affannoso, così simile a quello dei casi di cronaca nera che tanto spesso vengono trattati in tv.
Un elemento affascinante del romanzo è la sostanziale ambiguità dei personaggi: Barck potrebbe sembrare goffo e sognatore, eppure vuole gestire le indagini anche – o soprattutto – per stabilire un contatto con l’editore e farsi pubblicare. Petersén ha dato da vivere a Nilsson, malgrado la scarsa vendibilità delle sue poesie, eppure si dimostra spesso spregiudicato. E così anche per Tina, la musa del poeta, e Bergsten, l’amico giallista, non privi di luci e ombre.
Il romanzo danza sul confine sottile tra la trama gialla e la satira letteraria. E se entrambi i filoni sono ben sviluppati, a volte è la danza stessa a risultare stancante, specie nella parte centrale, quando l’indagine rallenta e si inizia a essere stufi delle tante, troppe poesie inserite all’interno. Sono questi, a mio parere, i punti deboli di un romanzo ben riuscito: una perdita di tensione nella fase centrale, poi recuperata pienamente nella lenta scoperta del colpevole, e l’eccesso di riferimenti poetici, pagine e pagine di citazioni di versi che, in verità, mi sono risultati indifferenti. Ma forse è anche una questione di sensibilità personale, di gusto per la poesia.
In conclusione, I poeti morti non scrivono gialli rappresenta sicuramente una ventata d’aria fresca in un panorama – quello del giallo nordico – che nel giro di pochi anni si è intasato di cloni e di trame troppo simili, non tutte all’altezza di Uomini che odiano le donne. Problema che, in verità, affligge l’intero genere, non solo ad alte latitudini. È stato per questo che, col tempo, l’ho messo da parte. E per questo che ho scelto di riavvicinarmi tramite la “specie di giallo” in questione.
Nel complesso, una lettura originale, ironica, sicuramente degna.
Decisamente consigliato a chi ha fatto indigestione di crime fiction, ma in fin dei conti riesce ancora a godersi una buona trama gialla.
Aniello Troiano
Nota: l’immagine in anteprima ritrae il porto di Helsingborg.