Alla fine del semestre, mi sono ritrovata sommersa di articoli accademici da leggere, recensioni da completare, scadenze da rispettare e presentazioni da preparare. Un inferno, insomma. In tutto questo, per uno dei corsi che frequento dovevo scrivere i capitoli di un romanzo breve.
Mi sono domandata dunque dove diavolo trovare il tempo e la concentrazione per fare tutto – possibilmente con buoni risultati e soddisfazione.
Il romanzo che stavo scrivendo è ambientato a Londra, città in cui ho vissuto per un anno e mezzo, e sebbene mi fossi trasferita dall’altra parte del mondo, in una cittadina che con Londra non ha niente a che fare, nei primi tempi di permanenza qui avevo pensato di scrivere della capitale inglese per ricordarne l’atmosfera, i profumi e i suoi e non sentirne la mancanza. Per quanto possibile.
Ma, quando mi sono ritrovata a doverne scrivere ancora quattro mesi dopo il mio arrivo in una cittadina sperduta dell’Oklahoma, mi sono domandata come ritrovare lo spirito della mia vecchia città.
Molti scrittori dicono che conoscere ciò di cui si scrive è sempre un beneficio, e, per i più estremi, quasi un obbligo. Sono in parte d’accordo, e posso certo dire che conosco bene una parte di Londra per mia esperienza personale. Ma fino a che punto la conoscevo davvero? Quando uno scrittore smette di conoscere un luogo, un fatto o una persona – se non può verificare e toccare con mano tutti i dettagli che gli o le appartengono? Le città e i luoghi cambiano velocemente, e il rischio è di diventare obsoleti, scrivere descrizioni poco credibili e stereotipate.
Per quanto non potessi più camminare per le strade di Londra, il ricordo era comunque vivido. Mi sono domandata come trovare l’ispirazione migliore per scriverne e mi sono resa conto che il mio romanzo era ambientato per la maggior parte nei vecchi pub inglesi, quelli di legno, con il parquet o la moquette macchiata di birra.
E per quanto i pub inglesi avranno per me sempre un odore preciso e un’atmosfera diversa da tutti gli altri, ho capito che il modo migliore per scrivere dei bar fumosi e affollati della capitale era andarmene a scrivere in un bar all’americana, quello che frequento almeno tre volte a settimana, dove i baristi stappano la mia bottiglia di Guinness appena mi vedono entrare e la poggiano sul bancone, proprio davanti allo sgabello dove mi siedo. Il bar che è un po’ la mia seconda casa qui.
I bar americani hanno il loro fascino, completamente diverso dai pub inglesi, ma, quando mi sono seduta sul divanetto di pelle, ho aperto il computer e acceso una sigaretta (sì, in alcuni bar nel Sud degli USA puoi fumare dentro), mi sono immersa nella mia storia. Ho ascoltato il vociare degli avventori, le stecche da biliardo battere sul bordo del tavolo e la musica terribile che veniva dal jukebox.
Ho scritto venti pagine in quattr’ore, per me un vero trionfo.
Se uno scrittore è abbastanza fortunato da far coincidere il suo posto migliore per scrivere con quello in cui la sua storia è ambientata, non c’è modo migliore per costringersi a lavorare, produrre, rileggere per ore. Alcuni autori, invece, hanno bisogno di un silenzio assoluto, una luce calda sul tavolino e le finestre sprangate. Altri ascoltano la musica, ma mai quella di cui capiscono le parole – per alcuni sono una distrazione.
Scrivere nel luogo dove si è deciso di ambientare la storia – o quantomeno, in un luogo simile – è un ottimo modo per afferrare dettagli che potrebbero sfuggire, suoni altrimenti inudibili nel silenzio di una camera o di un ufficio, facce, frasi ed espressioni che anche lo scrittore più fantasioso non riuscirebbe mai a immaginare. Per questo motivo non posso che essere d’accordo con gli scrittori che consigliano di conoscere i luoghi di cui si scrive. Non che questo escluda la possibilità di scrivere d’altro – il mio consiglio di questo mese, però, è quello di prendere il vostro portatile, una tazza di caffè, una birra, le sigarette, un chilo e mezzo di gelato o qualsiasi genere di conforto, e andarvene a scrivere in un luogo che somiglia o è esattamente quello in cui state ambientando la vostra storia. Potrebbe sembrare stupido e scomodo per molti di voi, ma è stato un esperimento di successo per me, quindi ho pensato di suggerirlo.
Se invece scrivere nel luogo in cui è ambientato il vostro racconto è fuori discussione, provate a scrivere per una volta in un luogo che è completamente diverso da quello in cui scrivete di solito, a un’ora in cui di solito fate altro. Andate in un parco, in un pub, in un caffè. Svegliatevi alle cinque di mattina o rimanete in piedi fino alle sette. Scrivete per un’ora durante la pausa pranzo dal lavoro. Scrivere è sperimentare, e per quanto le vostre abitudini come autori possano funzionare, trovarne di nuove non farà mai male.
Rachele Salvini