A pensarci bene, la nostra immagine del Natale ha molto di nordico. L’albero, la neve, le renne, Babbo Natale… Tutti elementi non presenti nei Vangeli, o meglio, sostanzialmente estranei alla Palestina, difficili da immaginare per quel 25 dicembre; ma capaci, in qualche modo, di sovrapporsi all’evento originario, andando a comporre quel mix di Fede cristiana, folklore e business che oggi caratterizza questa Festa. Senza considerare poi l’influenza del cinema e della televisione made in U.S.A., che volenti o nolenti ci ha condizionati anche nella visione nordica del Natale.
Viene naturale, quindi, cercare una lettura natalizia proveniente dal grande freddo, magari da quei paesi scandinavi tanto cari a Iperborea. E così, dopo aver tentennato un po’, ho scelto di leggere questa raccolta di racconti, pubblicata in Italia nel novembre 2015, circa due anni fa.
Dico da subito che La notte di Natale ha un grande pregio. Non l’unico, intendiamoci, ma credo il più importante. Selma Lagerlöf ha la capacità di muoversi su piste conosciute, confortanti nella loro familiarità, rendendole però in qualche modo nuove, frizzanti, grazie ad aneddoti ignoti e a cambi di prospettiva interessanti.
Al centro c’è sempre Gesù, tant’è vero che il titolo originale di questo libro, edito in Svezia nel 1978, era Kristuslegender. E se è vero che il mio svedese si ferma agli stessi, improbabili livelli del Ragionier Ugo Fantozzi, è altrettanto vero che, in questo caso, anche grazie al sottotitolo italiano, è facile capire che si tratti delle leggende di Gesù.
Al centro c’è sempre Lui, dicevo, ma osservato da altri punti di vista. Una bambina e la sua nonna, un imperatore nel pieno del suo potere, un pozzo impegnato nella ciclica lotta contro la siccità, un soldato dal cuore duro, una palma e il suo destino, la gente del Tempio, un imperatore malato di odio e la sua nutrice, una dannata e suo figlio, un cavaliere gradasso ma innamorato.
Sono storie attinte dagli apocrifi e dalle tradizioni orali, ma alla base della scelta della Lagerlöf non c’è nessun tentativo di stravolgere la nostra immagine del Cristo. Non cerca lo scandalo alla Dan Brown o una più sottile insinuazione. Niente sesso con la Maddalena o roba simile, per intenderci. Semplicemente esplora, con la curiosità dei veri narratori, territori meno battuti, per restituirci storie capaci di toccarci, di lasciare un segno, approdando sempre a dei finali potenti, che riescono a dare un senso pieno alle pagine precedenti. Storie raccontate con gusto e abilità, con uno stile intriso di oralità e fiabesco, ma anche di una certa ironia. Raccontate, in fin dei conti, dalla prima donna insignita del Nobel per la letteratura nel lontano 1909, l’autrice svedese più letta e amata al mondo. Autrice che io, probabilmente, avrei continuato a ignorare, se non fosse stato per Iperborea.
E allora un doppio plauso a questa casa editrice, sia per il libro che per la divulgazione della migliore letteratura nordica. E un consiglio: se cercate dei racconti che siano allo stesso tempo natalizi ma freschi, rispettosi ma ironici, ben studiati eppure all’apparenza spontanei, allora leggete questo libro. Non ve ne pentirete.
Aniello Troiano