Oggi compiamo un “piccolo” viaggio e dalla provincia zamjatiana ci catapultiamo nella Polonia prebellica, dove, il 12 settembre 1921, a Leopoli (L’vov, città oggi sotto giurisdizione ucraina) nacque Stanislaw Lem, scrittore, scienziato e raffinato filosofo.
Lungo una carriera che percorre quasi mezzo secolo, Lem, inizialmente un semi-sconosciuto scrittore est-europeo, è attualmente riconosciuto come uno dei più grandi maestri della letteratura fantascientifica, nonché un provocatorio e stimolante critico letterario. Le sue opere, fondate su di un rigido criterio scientifico che gli proibiva voli pindarici nel “fiabesco” (caratteristica che lo stesso Lem biasimava per il carattere “commerciale” che a suo parere aveva assunto nella letteratura fantascientifica americana), affrontano una grande e variegata moltitudine di temi, vasta e poliedrica come gli studi e le mansioni svolte dal suo autore. Lem, nel corso degli anni, ha raccolto intorno a sé un gruppo ben nutrito di appassionati e studiosi che dichiarano di essere una sorta di piccolo movimento letterario a sé stante, contribuendo in una sempre più ricca produzione bibliografica.
Il giovane Stanislaw crebbe in un ambiente facoltoso che gli assicurò una grande ricchezza di stimoli. Il padre laringoiatra fu la prima influenza intellettuale nella vita dello scrittore che lo ricordò sempre con profondo affetto. Lo stesso Lem dichiarò in un’intervista: “ho sempre enormemente apprezzato quei piccoli frammenti di tempo che strappava al suo lavoro per me”.
La seconda importantissima e, anzi, oserei dire fondamentale influenza fu l’infinita fascinazione che sin da piccolo provava per i libri. Come ricordato dallo stesso Lem ne Il castello alto (Wysoki zamek, 1966), un’ autobiografia semiseria, il suo primo bersaglio furono i libri di medicina che il padre custodiva sottochiave.
Il ragazzotto secchione e paffutello (così si descrive nel suo memoir) non fece attendere molto i primi segni di una vivida e feconda intelligenza: già da ragazzo parlava fluentemente polacco, russo e francese e ottenne persino un punteggio straordinario di 180 in un test del QI.
Crescendo, Stanislaw dovette affrontare le dure conseguenze della complicata situazione politica che lo circondava. Dopo il liceo, nonostante avesse superato brillantemente la prova d’ammissione, gli fu respinta la domanda d’iscrizione al politecnico; inoltre, essendo di origine ebraica, la famiglia Lem visse l’intero periodo dell’occupazione nazista sotto falsa identità e nel costante terrore di venire scoperti. Pertanto, venuto a conoscenza in maniera diretta degli orrori della guerra, lo scrittore maturo riversò le esperienze degli anni di gioventù nelle sue opere, dove, infatti, ritroviamo riferimenti talvolta ossessivi alla sopravvivenza, il caso, la fortuna, la forma mentis militare e la crudeltà latente in ogni individuo. Allo stesso modo, è probabile che la relativa indifferenza che Lem provava nei confronti dei destini delle singole persone a discapito dell’enorme ardore e interessamento che, al contrario, manifestava verso il fato dell’intero genere umano, possa essere stato influenzato dalle esperienze vissute durante l’occupazione.
Finita la guerra, la famiglia fu rimpatriata nella Cracovia sovietica, dove Stanislaw visse fino al giorno della sua morte, con l’eccezione di alcuni periodi degli anni ‘80, resi nuovamente turbolenti dalle difficili vicende politiche interne alla coalizione dell’URSS. Lem riprese gli studi in medicina, ma non li terminò poiché avrebbe significato l’arruolamento a vita tra le fila dell’esercito e negli anni ‘50 si sposò con una giovane studentessa di medicina, Barbara Leśniak. In pochi avrebbero invidiato le condizioni di vita di Stanislaw in quel periodo: senza impiego, senza una laurea e una moglie a carico, per le autorità sovietiche sarebbe potuto apparire come un individuo alquanto sospetto. Fortunatamente, la pubblicazione del suo primo romanzo fantascientifico Il pianeta morto (Austronaci, 1951), gli aprì la strada verso una lunga e prolifica carriera letteraria (oltre a salvarlo dagli occhi della polizia politica).
Il romanzo racconta dell’umanità dell’allora futuro XXI secolo, un’umanità che è progredita in maniera sorprendente, trovando finalmente la pace nella rinuncia al sistema capitalistico per un comunismo che favorisce la coesistenza pacifica degli uomini, non più spinti da fini individualistici ma rivolti verso il miglioramento della collettività. La vicenda prende il largo con il ritrovamento a Tunguska di una nave aliena proveniente da Venere, caduta in quel luogo nel 1908. Dalle ricerche emerge che la razza aliena che ha costruito quel veicolo spaziale è intenzionata a giungere sulla Terra e conquistarla. Date le conoscenze scientifiche e tecnologiche raggiunte dagli uomini, l’esplorazione spaziale è già possibile e l’umanità tenta di entrare in contatto con i misteriosi extraterrestri prima che l’invasione possa avere luogo. L’astronave Kosmokrator giunge su Venere, ma l’equipaggio scopre qualcosa di inaspettato: i resti di una civiltà superiore annientatasi da sola in una guerra per la supremazia, lasciandosi alle spalle soltanto un pianeta morto.
Il romanzo va ovviamente interpretato tenendo a mente la situazione geopolitica successiva alla Seconda Guerra Mondiale e la conseguente divisione del mondo in sfere d’influenza (americana da una parte, sovietica dall’altra). L’opera appare come una trasposizione delle ansie che la corsa agli armamenti nucleari doveva aver provocato nei cittadini di entrambi i blocchi. Ma non solo, in questo romanzo troviamo anche esempi della grande attenzione che lo scrittore nutriva verso la rappresentazione di una (fanta)scienza verosimile. Tant’è che i razzi a propulsione descritti da Lem (non a caso uno dei fondatori dell’accademia di cibernetica e aeronautica nel proprio paese) sono tecnologicamente abbastanza simili a quelli oggigiorno in fase di costruzione. Inoltre, il luogo e la data della caduta dell’astronave aliena coincidono con l’esplosione di un meteorite che abbattè decine di milioni di alberi a Tunguska, generando un bagliore visibile fino a 700 km di distanza.
Tuttavia, questo romanzo non fu il primo tentativo letterario del giovane Stanislaw, che agli inizi si cimentò con la poesia, usando come modello lo stile del suo poeta preferito: Reiner Maria Rilke.
Lem abbandonò abbastanza presto la poesia, rinnegando i suoi primi tentativi intrisi di toni romantici e patriottici, ma non rinnegò mai la sua passione per Rilke, la cui forma e fraseggio riecheggiano nella sua prosa e specialmente nel lungo e intricato La nube di Magellano (Oblok Magellana, 1955).
Eppure, la genialità di Lem non rimase mai confinata in un solo ambito culturale. L’incontro fortuito con il dottor Mieczysław Chojnowski consentì a Stanislaw di rimanere in contatto con l’ambiente accademico scientifico. Lo scrittore, infatti, stava lavorando su di un testo accademico (rimasto incompiuto) il cui titolo doveva essere Teoria della funzione cerebrale. Quando il dr Chojnowski ebbe l’occasione di conoscere Lem e sentirlo parlare di questo suo libro, decise di prenderlo sotto la sua ala e di assumerlo come assistente di ricerca presso l’Università di Cracovia.
Lavorando per l’università, Lem venne a conoscenza degli studi di Norbert Wiener nel campo della cibernetica, di cui Stanislaw divenne un profondo e appassionato sostenitore, tanto da spingerlo a difendere pubblicamente quelle stesse ricerche quando divennero oggetto di attacchi da parte dell’Unione Sovietica. La passione per la cibernetica e le sue ramificazioni (robotica, vita artificiale e intelligenza artificiale) rimasero con Lem per tutta la vita, influenzando, di conseguenza, anche le sue opere letterarie.
Dopo più di trent’anni di lavoro, Lem interruppe la propria carriera come autore di romanzi nel 1987, senza, tuttavia, rinunciare alle proprie passioni. Pure in veneranda età, rimase sempre un uomo pieno di curiosità e passione per gli studi (possedeva una biblioteca domestica con più di diecimila volumi!). Morì il 27 marzo 2006, lasciandosi alle spalle una carriera colma di soddisfazioni, meriti e riconoscimenti, tra cui una candidatura al premio Nobel per la Letteratura.
Stefano Corradi