Raymond Carver, famosissimo autore di racconti, ha partecipato a corsi di scrittura creativa e ne ha perfino tenuti. Sembrerebbe quindi la persona ideale per scrivere un manuale dedicato agli aspiranti scrittori.
Il volume pubblicato da Einaudi, Il mestiere di scrivere, non è però un corso di scrittura vero e proprio, quanto un insieme di saggi, spesso apparsi come introduzione di riedizioni e/o nuove raccolte di Carver stesso. In questi saggi ci vengono raccontate le situazioni che hanno portato l’autore a scrivere quel particolare racconto piuttosto che quella particolare poesia, oppure veniamo messi a conoscenza di alcuni momenti della sua vita di uomo e di autore, della sua partecipazione a un corso universitario piuttosto che del trovare il tempo per scrivere (essendo padre di due bimbi piccoli).
Il risultato è un insieme di aneddoti che, se letti complessivamente, ci danno una sorta di quadro del metodo di lavoro di Carver, e da questo metodo, ovviamente, ogni autore può trarre qualche conclusione.
Tra le cose che più mi hanno affascinato, forse perché la capisco per esperienza diretta, c’è il candore con cui Carver ammette di essersi dedicato alla narrativa breve e alla poesia proprio perché non aveva né tempo né soldi.
Si è infatti sposato molto giovane, e molto giovane ha avuto due bambini. Sia lui che la moglie facevano lavori assai poco gratificanti e per nulla redditizi, e se davvero voleva scrivere doveva puntare su qualcosa che richiedesse poco tempo per una prima stesura, giusto una serata o due al massimo. Inoltre, se fosse anche riuscito a scrivere un romanzo intero, l’attesa infinita per un compenso non sarebbe stata il massimo vista la sua situazione economica; un racconto, invece, veniva pagato molto prima.
Ecco quindi che, forse, ogni autore dovrebbe riuscire a trovare un modo personale di approcciarsi alla scrittura, che sappia anche far conto del tempo e delle energie che si possono mettere a disposizione come esseri umani che devono pure campare.
C’è poi una cosa che risulta evidentissima nella lettura di queste pagine: l’attenzione per ogni singola parola.
Carver è meticoloso e attentissimo. Vuole costruire la frase perfetta. Fa parte di quelli che amano la parola e che vogliono trasmetterla nel miglior modo possibile. Questo richiede un grande lavoro sul testo e su ogni singola frase. Un lavoro che risulta palese specialmente verso la fine del libro, quando viene riportata per iscritto la registrazione di una sua lezione di scrittura creativa. Durante questa lezione commenta tre racconti di altrettanti studenti e dal modo in cui ne parla si capisce l’attenzione verso il cuore delle cose e verso il modo chiaro in cui andrebbero esposte. Una scrittura diretta, che non significa più povera ma sicuramente priva di “decorazioni” del tutto inutili e che, spesso, un autore alle prime armi tende a usare.
In chiusura c’è pure un’appendice di esercizi.
Potrebbero risultare quasi inutili, visto che manca qualcuno che possa poi correggere i risultati. Ma allo stesso tempo credo sarebbe interessante provare. Ogni esercizio invita l’aspirante autore a scrivere un racconto con determinate caratteristiche o su un determinato tema, e poi dà come riferimento alcuni racconti di Carver che rispettano quelle indicazioni, in modo da poter confrontare i lavori.
Come dicevo, probabilmente non porta a grandi risultati, perché ogni autore avrà ovviamente una storia diversa e una visione, soprattutto, diversa. Allo stesso tempo, però, credo possa essere interessante fare il paragone per comprendere come un grande del racconto sia riuscito a rendere certe cose e come noi potremmo fare per, in qualche modo, accogliere i suoi consigli.
Un libro breve, agile, che serve più a conoscere il Carver dietro l’autore, ma che potrebbe comunque saper regalare qualche dritta a chi sta muovendo i primi passi nel mondo della scrittura.
Andrea Storti