A tre anni dalla messa in onda dell’ultimo episodio, senza contare lo Special natalizio, torna l’investigatore più amato della storia, della letteratura e della televisione. Il personaggio di Sherlock Holmes, grazie all’interpretazione di Benedict Cumberbatch, sta vivendo una nuova giovinezza: poche altre volte una nuova stagione è stata attesa con così tanta trepidazione da parte degli spettatori. La quarta e ultima serie di casi da risolvere andrà in onda sulla BBC One a partire dal 1° gennaio 2017, e (novità assoluta) in Italia sarà trasmessa nientemeno che da Netflix con un solo giorno di differita.
Arduo compito degli sceneggiatori è quello di tirare le fila della avvincente trama, nata come episodica ma lentamente trasformata in seriale, dando una risposta al sublime cliffhanger di fine stagione, in parte portato avanti dallo Special natalizio.
Ma quali sono gli ingredienti di così tanto successo, nonostante le trame e i personaggi abbiano più di 130 anni sulle loro spalle?
Potremmo parlare delle eccellenti qualità attoriali dei protagonisti, da Cumberbatch a Martin Freeman (un dottor Watson alleato fedele, nonostante tutte le follie del compagno), passando per Andrew Scott (il famigerato Jim Moriarty, antagonista per eccellenza, terrificante in ogni inquadratura).
Potremmo elencare l’incredibile lavoro di adattamento svolto dagli sceneggiatori: ogni episodio ripercorre e attualizza i romanzi più celebri di sir Arthur Conan Doyle, rispettandone i canoni e il simbolismo fino al punto di tentare lo spettatore più appassionato a voler tenere il romanzo a portata di mano per scorrerlo con le dita, tanto l’immaginario dell’autore è stato riportato sul piccolo schermo.
Ma quello che davvero traspare, che si respira e che risponde alla domanda di cui sopra, è la “passione”.
Non a caso, il personaggio di Mycroft Holmes, fratello del protagonista, è interpretato da Mark Gatiss, produttore e co-creatore della serie. Lo stesso storico appartamento al 221B di Baker Street è stato ricostruito seguendo fedelmente gli scritti originali, cogliendone ogni dettaglio e trasportandoli in questa versione televisiva. Anche i film degli anni ’30 e ’40, interpretati da Basil Rathbone, sono stati usati come fonte di ispirazione per il personaggio e per la serie tutta.
È proprio questo amore che ha portato alla realizzazione di un prodotto di successo, non dovuto ad un budget milionario, o ad espedienti commerciali utilizzati per trascinare lo spettatore di puntata in puntata, come si vede in tante altre serie di stampo più ordinario, dalle solite dieci puntate da quasi un’ora.
In Sherlock, ogni puntata da novanta minuti, praticamente la durata di un film, è un atto d’amore nei confronti del personaggio e le sue delle storie, un gesto di riverenza e un dono allo spettatore senza volerlo umiliare per non conoscere l’universo di misteri creato da Doyle, ma anzi guidandolo con mano a scoprire trame sempre attuali e appassionanti, spronandolo a saperne di più.
Sarà difficile dover lasciare questo Sherlock ma, come tutte le cose belle, è giusto che finisca presto, speriamo nel modo più esplosivo ed elettrizzante possibile. Lo stesso teaser pubblicato a luglio e i successivi trailer ci lasciano sperare nel meglio, in un finale pieno di colpi di scena. Non ci rimane altro che lasciarci alle spalle le feste, i pranzi con i parenti e le cene con gli amici, sederci sul divano, o stenderci a letto, per sciogliere finalmente gli ultimi nodi del mistero e risolvere il caso, una volta per tutte.
Chiara Iovino