Il vizietto
Conoscete la sensazione che si prova all’annuncio dell’ennesimo sequel/prequel/reboot da parte di Hollywood o di un’emittente TV? Quel morboso attaccamento a un prodotto di successo che va munto finché produce ancora un po’ di latte, per poi essere ucciso e trasformato in hamburger (con il 5% di carne e la restante parte di polistirolo, così mangiamo tutti per almeno un paio d’anni) ma alla fine alla gente piace il pollo, quindi basta cambiare l’etichetta e vendere ancora quella scadente carne di mucca che una volta produceva buon latte? Scommetto di sì. Ma mentre Hollywood ha una storia abbastanza recente di buone mucche trasformate in carne da panino, qualcun altro è riuscito a farla franca per molto più tempo con solo uno schiaffetto sulle mani – nei casi più eclatanti. Sto parlando della letteratura.
La questione è ancora aperta: un’opera appartiene all’autore o ai suoi lettori? Stando agli autori di fanfiction la verità si trova in una zona grigia compresa tra un’improponibile pomiciata tra Cersei Lannister e Ned Stark e la premessa “i personaggi e i luoghi descritti non mi appartengono”; a meno che non si tratti di Harry Potter: in quel caso appartiene tutto alla Warner Bros.
In altri casi il “liberamente ispirato a” o “tratto da” si trasforma in un’operazione commerciale addirittura più remunerativa dell’originale – se consideriamo il tasso di cambio attuale e una più bassa percentuale di analfabetismo.
Parenti famosi: il mondo dei non-canon
A sei anni di distanza prendersela ancora con Dacre Stoker sarebbe soltanto accanimento terapeutico. Con Undead – gli Immortali, il famigerato duo Stoker-Holt ha cavalcato un’onda già abbastanza affollata; ma gli autori hanno saputo giocare molto meglio la carta del cognome, riuscendo a generare delle aspettative nel pubblico che alla fine non sono state rispettate – e tanti saluti ai miei buoni propositi!
Di recente è stato annunciato il via alla produzione della saga I Misteri di Enola Holmes che vedrà Millie Bobby Brown (già Eleven nell’acclamatissima serie di Netflix Stranger Things) nei panni della protagonista. Giochiamo al gioco in cui vi chiedo se il nome vi è familiare e voi rispondete con un secco “no”. Perché pur condividendo il cognome, lei e il detective più famoso della storia non hanno mai condiviso una sola pagina nei manoscritti originali di Arthur Conan Doyle. Scritta da Nancy Springer a partire dal 2006, la saga prende in prestito alcuni elementi dalle originali avventure di Sherlock Holmes, introducendo in un contesto già familiare degli elementi nuovi che, a un certo punto, se ne distanziano quasi completamente.
“Questo significa che i libri di Sherlock Holmes andranno riletti mettendo in conto la presenza della giovane Enola?”
No. C’è una bella differenza tra ciò che è considerato canon (ossia compreso nell’insieme di racconti e storie che rientrano nella definizione di originale) e ciò che non lo è. Caso vuole che sia stato proprio l’universo di Sherlock Holmes a dare origine al concetto di canone letterario; con i suoi 56 racconti e 4 romanzi, sir Doyle ha dettato le leggi dell’universo nel quale si muovono i suoi personaggi, il resto è da considerarsi “un prestito”.
La presenza di Enola – un elemento giovane e femminile pensato per un diverso tipo di pubblico dal colto vittoriano, destinatario originale – sposta l’attenzione del lettore da qualcosa che è fin troppo noto e familiare. Gioca una carta rischiosa, insomma, approfittando solo dell’eredità di un cognome e sporadiche apparizioni di Sherlock, il dottor Watson, Mycroft e alcune vecchie conoscenze di Scotland Yard.
Ma ogni gran prestito…
…comporta grandi responsabilità. Limitarsi a far muovere i personaggi di qualcun altro nello stesso ambiente non aggiunge nulla di nuovo all’opera originale, tutt’altro, rischia di trasformarsi nell’ennesimo sfogo di un adolescente con molta fantasia e altrettanti problemi ad accettare gli addii.
Ma che succede quando è l’autore stesso ad accettare dei cambiamenti tanto profondi alla propria opera da spaccare letteralmente a metà l’opinione dei più fedeli, rendendola di fatto parte dell’originale?
Per chi non avesse capito qual è il nome dell’elefante nella stanza, continuate a seguirci: il mese prossimo parliamo di bacchette, opere teatrali e scelte discutibili!
Christine Amberpit