Carissimi scrittori, riflettevo in questi giorni su una questione che periodicamente, ma inesorabilmente, si pone quando si parla di scrittura: il perché del foglio bianco.
Quando abbiamo parlato dell’importanza dell’incipit, ci siamo parecchio arrovellati sulla necessità di saper da subito “acchiappare” l’interesse del lettore e della conseguente paura del foglio che resta inesorabilmente bianco.
Quando mi trovo a parlare con altri temerari che come me hanno l’ambizione della scrittura, contestualmente alla fobia del famigerato “blocco dello scrittore” (che fa sempre figo) arriva – pausa ad effetto – il problema dell’idea. “Non ho un’idea forte”, dice il mio interlocutore. “Una bella storia di impatto”. Mi guarda, stravaccato sul bancone di qualche bar puzzoso di Roma (perché noi siamo intellettuali, perciò ci andiamo a bere una birra, ma solo in qualche bettola, perché nei locali fighetti non si può) e mi spiega che lui, povero, mica può stare a sprecare il suo enorme talento su una storiella banale. Gli serve un’illuminazione (che sia in fondo alla quarta birra? Difficile, a meno di non chiamarsi Hemingway).
Ho pensato un bel po’ a questa famigerata storia dell’idea. In effetti, che cosa vuol dire?
Cari amici, ho concluso che non significa proprio un bel niente. Voglio dire: è davvero la storia che conquista il lettore? Io non credo.
Ci sono plot triti e ritriti, storie quasi banali dietro ai più grandi capolavori della letteratura. Allora ho fatto un gioco, che vi invito a ripetere. Si chiama “racconta un capolavoro in poche parole”
Proviamo?
[ATTENZIONE ALTO RISCHIO DI SPOILER!]
IL ROSSO E IL NERO DI STENDHAL
Il giovane Julien Sorel, squattrinato ma ambizioso, con la “fissa” per Napoleone, si invaghisce di una donna sposata, la sig.ra De Renal, attempata ma fascinosa. Fanno un tira e molla infinito, mentre lui continua a cercare la strada del successo sociale, finché la bella signora, scoperto che lui se n’è trovata un’altra, altrettanto ricca ma giovane, si vendica raccontando a tutti che birbaccione lui sia. Julien, incazzato, pensa bene di spararle, ma fallisce e viene condannato a morte.
Lei prova anche a riabilitarlo, ma non c’è niente da fare.
Sinossi: Se sei nato tondo, non puoi morire quadrato.
L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DI G. FLAUBERT
Altro giovane di umili origini e tante ambizioni. Frederic Moreau, terminati gli studi di giurisprudenza, si stabilisce a Parigi dove tenta di entrare “nel bel mondo”, ostentando anche mezzi che non ha. Frederic si innamora della moglie di un suo conoscente, la signora Arnoux, altra attempata, con la quale però non riuscirà mai a stare davvero. In nostro, allora, cercherà consolazione in altre donne, di preferenza ricche o presunte tali, ma senza successo.
Sinossi: #maiunagioia
Siete già stati folgorati da un’idea geniale? No? Riproviamo:
CIME TEMPESTOSE DI EMILY BRONTË
Storia della struggente passione fra l’orfano Heathcliff e la sorella adottiva Catherine. A corredo: gelosia, riscatto sociale, vendetta, avidità e morte.
Sinossi: I soldi non fanno la felicità, ma aiutano.
ANNA KARENINA DI LEV TOLSTOJ
Un’altra storia d’amore contrastata fra la pudica Anna e l’ufficiale Vronskij, con la variante di un marito geloso che non vuole saperne di concedere alla moglie il divorzio. Quando lei si uccide (muoiono sempre le donne, in un afflato di redenzione. Lo avete notato?) Vronskij riprende la sua vita e il marito cornuto si accolla anche la figlia illegittima.
Sinossi: Niente di nuovo sotto il sole.
Direte: “Sì, vabbè, ma questi sono i grandi classici…Si sa che quelli ruotano sempre intorno a storie tristi. Non è indicativo!”.
No? E invece sì.
Veniamo ai giorni nostri, ai successi editoriali degli ultimi anni. La minestra non cambia: storie semplici, addirittura banali.
L’ELEGANZA DEL RICCIO DI MURIEL BARBERY
Renèe Michel fa la portinaia in un palazzo della borghesia di Parigi. Siccome è intelligente, dà alla gente quello che vuole: una portiera sciatta e ignorante, servile al punto giusto. Invece, è molto più colta e raffinata dei suoi inquilini. Quando uno di loro, un giapponese (altra cultura, altra apertura mentale) si accorge di lei e la sprona a essere se stessa, finisce sotto una macchina e muore sotto lo sguardo impassibile dei passanti.
Sinossi (tratta dal gergo militare): Se alzi la testa, ti vedono.
L’AMICA GENIALE (SAGA DI 4 LIBRI) DI ELENA FERRANTE
Ci sono due bambine, Elena e Lila, che crescono insieme in un rione malfamato di Napoli. Entrambe, a modo loro, vogliono uscire dal basso, ma una cercherà la strada dell’emancipazione sociale, l’altra invece resterà a combattere la sua battaglia nel quartiere.
Sinossi: il frutto non cade lontano dall’albero
FAI BEI SOGNI DI MASSIMO GRAMELLINI
Massimo prova ad affrontare il trauma della morte della madre, scomparsa quando lui era solo un bambino. Solo in età adulta, attraverso l’esperienza catartica della scrittura, il protagonista capisce che tutta la sua vita è stata condizionata da quel triste evento e decide di affrontare il dolore di quella perdita. Accanto a lui Elisa, la donna di cui è innamorato.
Sinossi: Di mamma ce n’è una sola (per fortuna!)
Insomma, a voler stringere, l’idea, intesa come trama narrativa, non è quasi mai la cifra di un romanzo. Le storie ruotano spesso intorno agli stessi elementi: gli amori contrastati, la voglia di riscatto, il conflitto morale. Soprattutto nei romanzi di formazione, è possibile individuare degli schemi ricorrenti. Il protagonista vive un conflitto (interiore o dipendente da una situazione data, non importa) e lotta per poterlo superare. Gioco forza nasce una contrapposizione fra buoni e cattivi o fra giusto e sbagliato (seppur non in senso assoluto), con l’inserimento di circostanze o personaggi secondari che aiutano/ostacolano questo percorso.
Alcuni elementi, poi, possono aumentare l’empatia con il protagonista. Non so più dire di quanti orfani di umili origini – da Oliver Twist fino ad arrivare a Harry Potter – ho letto in vita mia!
Esistono delle eccezioni, certo: l’insetto immondo della Metamorfosi di Kafka è una delle migliori idee che io abbia mai letto! Ma anche i ciechi di Cecità di Saramago sono geniali. Ma cosa vogliono dire? Questo è il punto.
L’infame banalizzazione che vi ho appena offerto, dimostra il mio assunto.
Tutti i romanzi che mi sono divertita a maltrattare, sono portatori di un messaggio specifico, tutt’altro che scontato. E non c’è nessun giudizio di valore in merito: esistono libri portatori di messaggi leggeri o serissimi, anche odiosi e non condivisibili. Io personalmente ho odiato L’eleganza del riccio, sia per lo stile narrativo pomposo che per il messaggio disperante che trasmette. Ma è proprio questo messaggio – non l’idea – che resta impresso e può rendere alle volte un libro immortale.
Ed è qui che casca l’asino. Perché è chiaro che questa storia del messaggio, ha a che fare con l’aver qualcosa da dire.
Il mio caro amico scrittore potrà annegare nella birra, ma nessun esercizio di bella scrittura lo salverà dalla mancanza di contenuti.
Quando andavo a scuola, la mia Prof. diceva che “a scrivere non si impara. O hai questo talento o non lo hai”. Non sono più molto d’accordo con lei. Certamente ci vuole una predisposizione, ma a scrivere (meglio) si può imparare. Esistono regole precise che si possono studiare. Leggendo si affina il linguaggio, anche lo stile. Ma non si può imparare a “essere”.
Anche se è diritto sacrosanto del lettore prendere ciò che vuole da un romanzo, ciò non toglie che un libro privo di contenuto si riconosca lontano un miglio. E non importa quante copie potrà vendere, resterà ciò che è: il lavoro egoriferito di un mestierante delle parole.
Vi sfido a leggere con l’attenzione rivolta al messaggio; scoprirete che esistono libri diversissimi tra loro che si concentrano sugli stessi temi. Quando il tema c’è, la trama che la conduce può essere qualsiasi cosa: un libro leggero, un romanzo di formazione, un lavoro corale, un dialogo a due. Quando c’è.
Quando non c’è, si passano le serate a raccontare che manca l’idea.
Chiedo scusa, oggi sono molto polemica, a ne ho piene le tasche di bettole, birre e sguardi persi nel vuoto!
Annalisa De Stefano
Bell’articolo. Molto vero. Però forse va aggiunto che i temi, ancorchè ricorrenti, nei romanzi citati vengono affrontati da un punto di vista originale. O forse il nocciolo della questione è che basta saper scrivere e le storie vengono da sole?
(PS Lieto di leggere che almeno un’altra persona ha odiato “L’eleganza del riccio”)
Ciao Cristiano, certo sono d’accordo, è proprio quello che volevo dire. La trama di per sè è un escamotage narrativo, ciò che conta è l’argomento che si vuole trattare. I romanzi citati (tutti tranne l’odioso riccio) hanno contenuto e grande capacità narrativa (L’educazione sentimentale ha una contestualizzazione storica secondo me unica. Tutti i personaggi – TUTTI – sono costruiti con la dovizia che di solito si riserva solo ai protagonisti). Sono capolavori che hanno segnato la storia della letteratura ma non per la trama in sé.
L’eleganza del riccio, invece, secondo me è un enorme e autoreferenziale esercizio di stile (anche alto). Se vedi, la cosa interessante e che conferma quello che ho provato a dire è che sia l’eleganza del riccio che l’educazione sentimentale in parte affrontano lo stesso tema: l’impossibilità. Ma uno riesce a portare un messaggio, l’altro no.
Alla prossima.
Annalisa