Ho concluso la puntata precedente con un accenno al potenziale militare di alcuni attrezzi agricoli. Ed è da questi che inizieremo oggi. Partendo dal roncone e dalla falce, veri e propri strumenti contadini prestati alla guerra, analizzeremo brevemente alcune tra le armi inastate più popolari in ambito europeo, nei secoli compresi tra basso medioevo, rinascimento e prima età moderna.
Ricordate i guerrieri scozzesi di Braveheart, armati alla buona con falci, ronconi e simili? Bene, quello è uno dei pochi aspetti realistici del film. Tenetelo bene a mente, prima di proseguire. Altro che ius primae noctis…
Iniziamo dal roncone: concettualmente semplice e molto vicino all’utensile originario, ma non per questo meno efficace.
RONCONE
Credo che molti di voi conoscano a sufficienza il mondo contadino da sapere che le roncole possono essere usate sia a mano che su un’asta. Questa variante è molto utile per potare rami alti o per falciare rovi e quant’altro con maggiore potenza, grazie all’ampiezza del movimento e al peso extra dati dall’asta.
Ora, provate a mettervi nei panni di un contadino medievale chiamato a combattere, spesso per difendere la propria terra dagli invasori: la prospettiva di poter falciare il nemico tenendosi a debita distanza è allettante o no? È preferibile al corpo a corpo con un cavaliere corazzato?
Direi di sì.
Messo in chiaro il grande vantaggio della distanza, passiamo agli altri elementi che hanno reso popolare il roncone tra i ceti più umili del tempo. Innanzitutto è un arma che si possiede già, la si usa spesso e ci si tiene costantemente in allenamento. È economica, efficace e versatile: oggi potete usarla per falciare un ramo, domani per ferire un nemico, e poi ancora via, nei campi, come se nulla fosse successo. Inoltre, la classica forma a uncino permette di agganciare il nemico: mossa particolarmente utile contro un cavaliere, che potrebbe finire a terra disarcionato, o anche contro lo stesso cavallo, che potreste ferire o azzoppare.
Passiamo alle modifiche pensate per la guerra: basta aggiungere una punta dritta in cima per ottenere una sorta di lancia, utile sia per fendere che per affondare, o una punta sul lato posteriore per ottenere un secondo gancio.
Quali sono gli svantaggi?
La superficie di taglio è ridotta, il manico di legno può essere spezzato o rotto; ma soprattutto il roncone, come le altre armi inastate, tende a richiedere dei movimenti ampi, che rallentano il combattente e lo espongono ai colpi nemici. Inoltre, dovendo essere manovrato con due mani, il roncone preclude l’uso di uno scudo, almeno in senso proprio. È l’asta stessa a dover svolgere la funzione difensiva, con tutti i limiti di un semplice bastone di legno…
Tenete presente che molte caratteristiche del roncone, sia positive che negative, sono comuni a tutta la categoria. Per questo, parlando delle prossime armi faremo sostanzialmente un paragone con il roncone, cercando di capire quali sono le piccole e grandi differenze.
FALCIONE
Quando si parla di falcione bisogna stare bene attenti a non fare confusione: con questo termine, infatti, possiamo definire una serie di oggetti diversi.
Falcione può essere semplicemente una grossa falce, magari quella da fieno, ampia e montata in cima a un’asta.
Falcione può essere una spada a un solo taglio, curva, dalla lama grossa, simile alla sciabola.
Falcione può essere un’arma inastata, dotata di una lama simile a quella di un grosso coltello curvo.
Mettendo da parte la spada, occupiamoci brevemente sia della falce fienaia che dell’arma inastata vera e propria.
Falci, falcetti e falcioni sono stati usati per combattere in diverse occasioni e in vari luoghi. Soffermandoci sulle versioni inastate dell’attrezzo agricolo, possiamo notare che la superficie di taglio, rispetto a quella di un roncone, è decisamente più ampia e devastante. Inoltre, la forma dell’utensile permette di aggirare degli ostacoli, come ad esempio gli scudi, e di colpire il nemico sui fianchi o alle spalle. Infine, guardate l’immagine qui sopra: niente male, no?
D’altro canto, però, la falce fienaia è meno maneggevole, ha bisogno di spazi più ampi per la manovra e porta a esporsi maggiormente durante l’azione.
Passando all’arma inastata vera e propria, detta falcione (in inglese glaive), basta dare un’occhiata superficiale per capire che le differenze con il roncone sono davvero minime. Cambia la forma della lama, che rende il falcione molto più adatto ai fendenti e agli affondi, ma sostanzialmente poco o nulla efficace per agganciare il nemico.
Con il falcione siamo entrati nel campo delle armi vere e proprie, pensate per la guerra. Potrebbe anche avere utilità pratiche nei campi o nei boschi, magari per tagliare dei rami, ma difficilmente lo avrebbero usato per questi scopi. Ciò lo accomuna ad azza e alabarda, altre due armi cugine degli utensili agricoli ma ormai prive dell’ambivalenza di un roncone.
AZZA E ALABARDA
Forse qualcuno di voi se lo starà chiedendo: che diavolo è un’azza?
Un’arma molto simile all’alabarda, ma non del tutto identica. Innanzitutto l’asta dell’alabarda è tendenzialmente più lunga. Un’azza può avere o non avere una lama da ascia, mentre l’alabarda ce l’ha sempre. Allo stesso tempo, quest’ultima non ha una testa da martello, mentre l’azza sì. Entrambe le armi hanno spuntoni, ma quelli dell’azza sono più lunghi e robusti. Insomma, l’azza è simile a un lungo martello da guerra, o un martello/ascia. L’alabarda invece è pensata principalmente per fendere, un po’ come il falcione, e ricorda un mix tra ascia e lancia.
Sostanzialmente non ci sono grosse differenze nell’uso dell’azza, dell’alabarda e delle armi sopra descritte. Il roncone è ottimo per agganciare, falcione e alabarda per fendere, l’azza per perforare armature. Tutte possono colpire di punta, a mo’ di lancia. Tutte impediscono l’uso di uno scudo, almeno in senso attivo.
PICCA
In conclusione, diamo un’occhiata alla picca. Quest’arma è piuttosto diversa dalle altre: è più lunga, non deriva da attrezzi agricoli e non serve per fendere o per agganciare. La si usa di punta in falangi compatte per creare un muro, un effetto istrice, chiamiamolo così, da contrapporre alla cavalleria. Se è vero che la picca risulta devastante contro una carica, è altrettanto vero che presenta notevoli svantaggi, sia in falange che individualmente.
Essendo lunga tra i 4 e i 6 metri, permette sì di tenere il nemico a distanza, ma richiede un margine di manovra molto, forse troppo, ampio. Risulta pesante, sbilanciata e non permette di difendere né i fianchi né il resto del corpo. Se formazioni a riccio come lo schiltron permettono di ovviare a questo limite, non ci sono delle contromisure adatte a proteggere i picchieri dagli attacchi a distanza di arcieri e balestrieri. Inoltre, provate a immaginare cosa può essere una picca al di fuori della falange: un lungo, scomodo bastone, più utile a impacciarvi nei movimenti che non ad attaccare il nemico in un duello.
In realtà queste armi, affini per genere e uso, venivano adoperate da diversi tipi di combattenti: milizie contadine, mercenari, guerrieri di professione…
Ma di questo parleremo nella prossima rubrica!
Aniello Troiano
Ciao, ottimo articolo.
Avrei una domanda: sai dirmi qual è il vero nome dell’arma inastata di Goldrake (erroneamente chiamata alabarda)? Ti ringrazio. Complimenti ancora per l’articolo.
Ciao, grazie!
In realtà non ho molta familiarità con Goldrake. Potresti mostrarmi un’immagine di quest’arma?