Da Fralerighe n. 1 (gennaio 2012)
Se una nube di acido cianidrico fuoriuscisse da una profonda cavità della Terra, se poi si mettesse in movimento, trasportata dai venti e dalle correnti, se infine riuscisse a spostarsi sopra tutte le contrade del Globo in modo da impregnare l’atmosfera nella sua totalità, quale sarebbe il destino del mondo e dei suoi abitanti?
Questo è lo scenario apocalittico davanti al quale verrà a trovarsi Adam Jeffson di ritorno dal Polo Nord.
Jeffson, grazie alle torbide manovre dell’ambiziosa fidanzata Clodagh, è stato scelto per partecipare a una spedizione nelle estreme terre del nord. Colui che per primo avrà messo piede al Polo diverrà immortale e naturalmente ricco.
La fortuna assiste il nostro intrepido, opportunista esploratore. Raggiunge per primo la meta, ma nel suo rientro alla base scopre che si è verificato l’irreparabile. Lui è rimasto immune, mentre tutti gli altri, uomini e animali, sono morti avvelenati.
La nube micidiale ha però esercitato sui cadaveri una strana proprietà conservatrice. Il mondo appare cosparso di corpi che la morte ha lasciato nelle più strane posizioni: chi cercava di scappare, e chi fatalisticamente attendeva la fine, rimanendo aggrappato alle azioni della vita quotidiana. È un mondo surreale quello che si rivela agli occhi di Adam Jeffson. Egli vaga alla ricerca di qualche sopravvissuto, ma non trova nessuno. Ben presto si rende conto di essere solo in un mondo rimasto intatto ma privato dei suoi abitanti.
Con una prosa elegante (resa perfettamente dall’accurata traduzione) e quasi eccessiva nei suoi toni descrittivi, Shiel ci presenta uno scenario da incubo. La narrazione scatena progressivamente tutta la sua potenza visionaria, lascia impressionato il lettore fino a trasmettergli le stesse vertigini che prova il protagonista.
Quale sarà il destino di Adam?
Il finale, anche se un po’ scontato, è l’ultimo tassello di un mosaico dalla grande forza evocatrice ed allusiva. Sì, perché nella tragica parabola di Adam c’è tutto il mistero della condizione umana: il rapporto con la natura, con le persone, con i prodotti artificiali dell’ingegno.
Adam, dopo anni di peregrinazione in un modo disabitato, è preso da una tragica follia: si sente una specie di divinità, con il potere di creare e di distruggere. Incendia Londra e Istanbul, ma poi cerca di costruire da solo un palazzo che sia testimonianza della sua folle grandezza.
P.S. Shiel è contemporaneo di Wells, ma a me sembra meno datato del suo più celebre collega. Non è solo la forza espressiva della prosa a renderlo più grande, ma anche il disagio che la sua opera ci lascia. Stia attento l’uomo, perché non è un dio e alla fine dovrà inchinarsi davanti a quella natura che ha sempre voluto dominare e manipolare a suo piacimento.
“La nube purpurea” è un classico della prima moderna fantascienza, un’opera che va riscoperta.
E si ringrazia Adelphi per la bella edizione che ci ha regalato.
Giuseppe Novellino